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Il sito del Parlamento europeo informa che, secondo la relazione annuale dell’Agenzia europea dell’ambiente, tra i siti di balneazione monitorati in tutta l’UE nel 2022, l’85,7% circa sono stati classificati come “eccellenti”, ovvero quasi del tutto privi di agenti inquinanti nocivi per l’uomo e l’ambiente.

I paesi con il maggior numero di siti di balneari con qualità dell’acqua “eccellente” sono Cipro, Croazia, Grecia e Austria con il 95% dei siti presi in esame.

Per quanto riguarda i siti di balneazione monitorati in l’Italia, il 97% risponde ai requisiti minimi e l’88% viene classificato tra le eccellenze.

Panoramica di cosa fa l’UE per la salute di tutti.
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La Commissione europea ha recentemente annunciato 18 nuovi progetti che riceveranno oltre 106 milioni di euro per contribuire alla missione dell’UE “Ripristina i nostri oceani e le nostre acque”.

I progetti riuniscono oltre 370 beneficiari provenienti da 36 paesi , tra cui PMI, istituti di ricerca, autorità locali, scuole e imprese. Svolgeranno un ruolo chiave nel raggiungimento della neutralità climatica e nel ripristino della natura proteggendo e ripristinando la biodiversità nelle acque, riducendo l’inquinamento, sostenendo un’economia blu sostenibile e sviluppando il gemello digitale europeo dell’oceano. Tutti gli Stati membri dell’UE sono coinvolti nei progetti, con azioni dal Baltico e dal Mare del Nord, attraverso il fiume Danubio, il Mar Mediterraneo e attraverso l’Atlantico.



Sito web della missione dell’UE “Ripristina i nostri oceani e le nostre acque”

Panoramica dei progetti
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La Commissione europea e l’alto rappresentante hanno adottato il 28 giugno una comunicazione congiunta che illustra come l’UE affronterà il crescente impatto del cambiamento climatico e del degrado ambientale nei settori della pace, della sicurezza e della difesa .

Gli estremi climatici ricorrenti, l’innalzamento delle temperature e del livello del mare, la desertificazione, la scarsità d’acqua, le minacce alla biodiversità, l’inquinamento e la contaminazione ambientale stanno minacciando la salute e il benessere dell’umanità e possono creare maggiori sfollamenti, movimenti migratori, pandemie, disordini sociali, instabilità e persino conflitti . Le forze armate europee devono inoltre far fronte alle mutevoli e difficili condizioni operative dovute ai cambiamenti climatici. Queste nuove minacce hanno già spinto alleati e partner ad aggiornare anche le loro politiche.

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Il Parlamento europeo (PE) ha adottato nei giorni scorsi la sua posizione sulle norme sulla cosiddetta “due diligence” per integrare il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente nella governance delle imprese.

Secondo la posizione negoziale del PE, le aziende saranno tenute a identificare e, se necessario, prevenire, porre fine o mitigare, l’impatto negativo che le loro attività hanno su diritti umani e ambiente, come il lavoro minorile, la schiavitù, lo sfruttamento del lavoro, l’inquinamento, il degrado ambientale e la perdita di biodiversità. Inoltre, dovranno monitorare e valutare l’impatto sui diritti umani e sull’ambiente dei loro partner della catena del valore, compresi i fornitori, la vendita, la distribuzione, il trasporto, lo stoccaggio, la gestione dei rifiuti e altre aree.

Le norme interesseranno le imprese UE con più di 250 dipendenti e un fatturato superiore a 40 milioni di euro, indipendentemente dal loro settore d’appartenenza, e le società “madri” con più di 500 dipendenti e un fatturato superiore a 150 milioni di euro. Saranno incluse anche società con sede fuori dall’UE aventi un fatturato superiore a 150 milioni di euro, se hanno generato almeno 40 milioni di euro con business all’interno dell’UE.

Le società dovranno attuare un piano di transizione verde per mantenere il riscaldamento globale entro il limite di 1,5°. Inoltre, nel caso di grandi società con oltre 1.000 dipendenti, il raggiungimento degli obiettivi del piano avrà un impatto sulla remunerazione variabile degli amministratori, come i bonus.

Le nuove norme prevedono anche che le imprese collaborino e sostengano le persone colpite dalle loro azioni, compresi gli attivisti per i diritti umani e l’ambiente, introducano un meccanismo di reclamo e controllino regolarmente l’efficacia della loro politica di diligenza dovuta. Per facilitare l’accesso degli investitori, le informazioni sulla politica della diligenza dovuta di una società dovrebbero essere disponibili anche sul Punto unico di accesso europeo (ESAP).

Le società che non rispetteranno le regole saranno responsabili degli eventuali danni e potranno essere sanzionate dalle autorità di vigilanza nazionali. Le sanzioni comprendono misure quali il “naming and shaming” (pubblicazione dei nomi degli inadempienti), il ritiro dal mercato dei prodotti dell’azienda o ammende pari ad almeno il 5% del fatturato netto globale. Le aziende extra-UE che non rispettano le regole saranno escluse dagli appalti pubblici UE.

Secondo il testo adottato, i nuovi obblighi si applicheranno dopo 3 o 4 anni, a seconda delle dimensioni. Le imprese più piccole potranno ritardare l’attuazione delle nuove direttive di un ulteriore anno.

Il Parlamento ha chiesto già nel passato norme per una maggiore responsabilità alle imprese e una legislazione obbligatoria in materia di “diligenza dovuta”. La proposta della Commissione è stata presentata il 23 febbraio 2022 e integra vari atti legislativi in vigore e in corso di approvazione, come i regolamenti sulla deforestazione e sui “minerali dei conflitti” e il progetto di regolamento che vieta i prodotti realizzati attraverso il lavoro forzato.

Ora che il Parlamento ha adottato la sua posizione, i negoziati con i Paesi EU sul testo finale della legislazione possono iniziare. I Paesi UE hanno adottato la loro posizione sulla proposta di direttiva nel novembre 2022.

Adottando questa legislazione, il Parlamento risponde alle aspettative dei cittadini in ambito di consumo sostenibile, come espresso nella proposta 5(13), commercio etico, come dichiarato nelle proposte 19(2) e 19(3), e crescita sostenibile, come riportato nelle proposte 11(1) e 11(8) delle conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa.
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Oggi 29 maggio inizia a Parigi il dodicesimo ciclo di negoziati ad alto livello sulle modalità di conclusione di un trattato mondiale contro l’inquinamento da plastica. Di fronte alla triplicazione della produzione di plastica prevista entro il 2060, l’UE cercherà di ottenere disposizioni giuridicamente vincolanti sulla produzione primaria di plastica, per garantire una produzione e un consumo sostenibili. Oltre mille delegati di governi, ONG, industrie e società civile discuteranno allo scopo di decidere, entro la fine del 2024, un nuovo strumento giuridicamente vincolante per mettere fine all’inquinamento da plastica, anche nell’ambiente marino.

L’Unione europea proporrà anche misure destinate a eliminare e limitare i prodotti di plastica il cui utilizzo può essere evitato o sostituito, che generano rifiuti o che costituiscono un rischio significativo per la salute umana e per l’ambiente. Allo stesso tempo, i prodotti di plastica che devono restare nell’economia dovrebbero essere concepiti in modo più sostenibile, soprattutto aumentando l’utilizzo della plastica riciclata.

L’UE svolge un ruolo guida nella lotta mondiale contro l’inquinamento da plastica, sostenendo l’istituzione della High Ambition Coalition to End Plastic Pollution, coalizione che si è impegnata nei negoziati ad alto livello per eliminare l’inquinamento da plastica entro il 2040. La coalizione ha reso pubblica la sua dichiarazione ministeriale, richiedendo diversi obblighi di legge fondamentali nel nuovo trattato.

Maggiori informazioni sono disponibili qui.
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Il 25 maggio la commissione per l’ambiente del Parlamento europeo (PE) ha adottato la sua posizione sulle norme dell’UE per ridurre ulteriormente l’inquinamento e guidare i grandi impianti agroindustriali nella transizione verde.

La direttiva sulle emissioni industriali (IED) stabilisce norme sulla prevenzione e il controllo dell’inquinamento da emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo dei grandi impianti agroindustriali. Fa parte della trasformazione verde e circolare dell’industria dell’UE, apportando significativi benefici per la salute e l’ambiente ai cittadini.

Gli impianti coperti dalle norme possono funzionare solo se ottengono con successo un’autorizzazione, concessa dalle autorità nazionali, ad eccezione di alcune aziende agricole che sono solo obbligate a registrarsi. Per prevenire e controllare meglio l’inquinamento, la direttiva IED riveduta richiede alle autorità nazionali di ridurre ulteriormente i valori limite di emissione di inquinanti, sulla base delle cosiddette” migliori tecniche disponibili” (BAT), al momento della revisione delle autorizzazioni o della definizione di nuove condizioni di autorizzazione.

Il PE ha sostenuto la proposta della Commissione europea di estendere l’IED agli impianti dell’industria estrattiva (miniere), ai grandi impianti che producono batterie (ad eccezione degli impianti che assemblano esclusivamente moduli batteria e pacchi batteria) e all’allevamento di bovini su larga scala, nonché a più allevamenti di suini e pollame.

Per quanto riguarda gli allevamenti di bestiame, il PE ha votato per includere allevamenti di suini e pollame con più di 200 unità di bestiame (ULS) e allevamenti di bovini con 300 UBA o più. Per le aziende che allevano più di un tipo di questi animali, il limite dovrebbe essere di 250 ULS. I deputati hanno proposto di escludere gli allevamenti estensivi. La Commissione ha inizialmente proposto una soglia di 150 UBA per tutto il bestiame. I deputati sottolineano inoltre l’importanza di garantire che i produttori al di fuori dell’UE soddisfino requisiti simili alle norme dell’UE.

IL’Assemblea di Strasburgo ha inoltre votato per aumentare la trasparenza, la partecipazione pubblica e l’accesso alla giustizia in relazione all’autorizzazione, al funzionamento e al controllo degli impianti regolamentati. Il registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti verrebbe trasformato in un portale delle emissioni industriali dell’UE in cui i cittadini possono accedere ai dati su tutti i permessi dell’UE e sulle attività inquinanti locali.

Il Parlamento dovrebbe adottare il suo mandato durante la sessione plenaria del luglio 2023, dopo la quale potranno iniziare i negoziati con il Consiglio sulla legislazione finale.

Le attuali norme dell’UE sulle emissioni industriali riguardano oltre 30.000 grandi impianti industriali e oltre 20.000 allevamenti intensivi responsabili di emissioni di sostanze nocive nell’aria, nell’acqua e nel suolo, che possono portare a problemi di salute come l’asma, la bronchite e il cancro che provoca centinaia di migliaia di di morti premature ogni anno nell’UE.
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Il sito della Rappresentanza italiana della Commissione europea i forma che la Commissione ha avviato il 12 maggio una consultazione pubblica per raccogliere i pareri dei cittadini e delle parti interessate sull’attuazione del principio “chi inquina paga” nell’Unione europea. La Commissione userà le informazioni per valutare se le politiche europee e nazionali siano sufficienti a garantire che chi inquina sostenga i costi delle misure di prevenzione, controllo e riparazione dell’inquinamento.



La consultazione riguarderà aspetti quali l’uso di strumenti di mercato da parte dell’UE e degli Stati membri, il pagamento indiretto di chi inquina mediante sovvenzioni dannose per l’ambiente, la mancata applicazione del principio nel contesto dei fondi dell’UE, il modo in cui vengono affrontate le responsabilità ambientali e l’utilizzo dei prezzi nelle politiche.

Le consultazione pubblica è una risposta alla relazione della Corte dei conti europea secondo la quale il principio “chi inquina paga” è applicato in modo disomogeneo nelle politiche ambientali dell’UE, con una copertura e un’attuazione incomplete. I risultati della consultazione saranno utilizzati per preparare una valutazione globale delle politiche, nota anche come “controllo dell’adeguatezza”, nel 2024. La valutazione servirà a elaborare una raccomandazione su come attuare al meglio tale principio nelle politiche ambientali, come annunciato nel piano d’azione per l’inquinamento zero della Commissione.

La consultazione resterà aperta fino al 4 agosto 2023.
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Giudici esperti, specialisti e rappresentanti della comunità internazionale hanno partecipato a una conferenza di alto livello a Strasburgo per discutere cosa significhi in termini pratici il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile ed esaminare la forma giuridica che potrà poi assumere tale diritto in Europa.

Aprendo la conferenza, Katrin Jakobsdóttir, Prima Ministra islandese, in rappresentanza del paese che detiene la Presidenza del Comitato dei Ministri, ha descritto il degrado ambientale e la triplice crisi planetaria del cambiamento climatico, dell’inquinamento e della perdita della biodiversità come una delle sfide più urgenti del nostro tempo.

Rafforzare la parte ambientale del sistema dei diritti umani è una delle priorità dell’Islanda, ha dichiarato la Prima Ministra Jakobsdóttir, sottolineando che il Vertice del Consiglio d’Europa a Reykjavik il 16 e 17 maggio rappresenta un’opportunità importante per promuovere il diritto a un ambiente pulito e sano.

La Segretaria generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić, ha osservato che la Corte europea dei diritti dell’uomo si è già pronunciata su circa 300 casi relativi all’ambiente. Tre principali casi relativi al cambiamento climatico sono attualmente all’esame della Grande Camera della Corte.

A seguito delle recenti raccomandazioni da parte del Comitato dei Ministri e dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, si sta ora lavorando per valutare se il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile sia meglio tutelato da una convenzione a sé stante o da un protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo o alla Carta sociale europea.
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