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Il Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite (DESA) ha emesso una nota politica sui passi per ridistribuire il reddito per sostenere i progressi sull’SDG 1 (nessuna povertà). Utilizzando prove di modellizzazione, il documento raccomanda una strategia nota come “crescita economica con equità”, garantendo al tempo stesso che la crescita sia sostenibile dal punto di vista ambientale.

Nel settembre 2021, DESA ha pubblicato l’ edizione 2021 di “Sustainable Development Outlook“, in cui si afferma che i governi possono ottenere risultati positivi su più SDG perseguendo la trasformazione strutturale finalizzata alla crescita, all’equità e alla protezione dell’ambiente. Inoltre, durante la pandemia e il periodo di ripresa, i paesi hanno la capacità di “considerare soluzioni precedentemente considerate troppo difficili da implementare”.

Il documento politico intitolato “Il ruolo critico della ridistribuzione del reddito per la riduzione della povertà: scenari alternativi”, pubblicato nell’ottobre 2021, sostiene che l’approccio specifico alla distribuzione del reddito “è importante per gli esiti della povertà”, poiché lo stesso tasso di crescita economica può comportare diversi livelli di riduzione della povertà, a seconda dei livelli di disuguaglianza.

Il documento presenta sei scenari per combinare la crescita economica con la riduzione delle disuguaglianze di reddito. Il documento sottolinea la necessità che la crescita sia sostenibile dal punto di vista ambientale, il che richiederà una migliore gestione dell’acqua e di altre risorse naturali, insieme al movimento verso tecnologie a basse emissioni di carbonio. Affermano inoltre che il raggiungimento di risultati migliori sull’obiettivo 1.1 dell’SDG richiederà progressi sia sull’SDG 8 (lavoro dignitoso e crescita economica) che sull’SDG 10 (riduzione delle disuguaglianze).

In sintesi, si avanza una strategia nota come “crescita economica con equità”. Con questo approccio, gli sforzi per la riduzione della povertà sono “ancorati sia a una forte crescita economica che alla ridistribuzione del reddito”. Questo varierà in base al paese in base al contesto, ma deve considerare sia una distribuzione equa che la protezione dell’ambiente.

La strategia enfatizza le politiche che si concentrano su:
Creazione di posti di lavoro, tassazione progressiva e fornitura di servizi pubblici più completa;
Nei paesi prevalentemente agricoli, aumentare la produttività del settore agricolo, incoraggiando anche i piccoli agricoltori e le famiglie rurali ad aumentare il proprio reddito non agricolo, ad esempio attraverso servizi di divulgazione agricola;
Stabilire piani di protezione sociale, rafforzarli contro lo shock e utilizzare le tecnologie digitali per superare i limiti delle risorse per ottenere una protezione universale;
Dare priorità alla qualità della scuola nelle strategie nazionali di sviluppo del capitale umano;
e Incorporare altre aree SDG, come buona salute e benessere (SDG 3), acqua pulita e servizi igienico-sanitari (SDG 6), per consentire alle persone di uscire dalla povertà e ottenere un reddito e una produttività più elevati.

DESA Policy Brief 119: Il ruolo critico della redistribuzione del reddito per la riduzione della povertà: scenari alternativi
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La task force del CEMR ha lavorato negli ultimi mesi alla nuova Risoluzione del CEMR sul Patto migratorio e durante l’ultimo incontro con l’UCLG ha discusso anche della Carta di Lampedusa.

Dopo diversi mesi di lavoro, il CEMR ha concordato una bozza comune per un documento di risoluzione sul ruolo dei governi locali e regionali nel nuovo quadro legislativo dell’UE in materia di migrazione e inclusione dei cittadini di paesi terzi. La bozza del documento è stata approvata a novembre durante la riunione dei Segretari Generali e dei Direttori, e proseguirà il suo percorso verso il prossimo Comitato di indirizzo il 20 gennaio.
L’importanza di questo documento risiede nella possibilità di esercitare pressioni sui governi nazionali chiedendo un maggiore coinvolgimento dei LRG nel processo decisionale relativo all’accoglienza e all’inclusione dei cittadini di paesi terzi e dei cittadini con un background migratorio.

Il 29 novembre, la task force del CEMR su migrazione e integrazione ha tenuto uno scambio di opinioni con le Città unite dei governi locali (UCLG) sulla Carta di Lampedusa. La task force ha discusso se adottare la Carta e ha esaminato la possibilità di partecipare alla consultazione in corso sul suo contenuto. Fatima Fernandez, dell’UCLG, ha presentato l’iniziativa alla task force.

Condividendo la #LampedusaCharter, l’UCLG si è presa la responsabilità di dare forma a un rinnovato impegno globale per la migrazione e lo spostamento che rappresenti pienamente i valori condivisi e ritragga la nostra diversità.
La Carta di Lampedusa propone diverse prospettive sull’inclusione dei nuovi arrivati ​​e sul significato della cittadinanza locale. L’UCLG chiede consultazioni regionali sulla Carta e invita i membri del CEMR a dire la loro nel processo insieme alla società civile, alle comunità di migranti e ad altri attori coinvolti nella governance della migrazione!

Le consultazioni sono aperte a tutte le associazioni fino a fine gennaio 2022. Per partecipare al processo con idee o input si può scrivere a mariagrazia.montella@ccre-cemr-org

Fonte: https://inclucities.eu
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Il principale organo decisionale delle Città e dei governi locali uniti (UCLG) ha tenuto una serie di incontri annuali per definire le politiche e riesaminare l’attuazione sul modo in cui i governi locali e regionali e il “movimento municipale” in generale possono contribuire all’attuazione della “nostra agenda comune”, come delineato nel rapporto del settembre 2021 del Segretario generale delle Nazioni Unite.

Volker Türk, Segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite per il coordinamento strategico, ha presentato “La nostra agenda comune” evidenziando l’importante ruolo dei governi locali e delle città, che ha detto sono spesso il primo punto di contatto e quindi la chiave per affrontare le sfide.

Michelle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha affermato che la pandemia di COVID-19 ha portato a un passaggio da una governance tecnocratica a una incentrata sulle persone. Ha chiesto di rafforzare la rete dell’UCLG per proteggere i diritti umani a livello locale. Philippe Rio, sindaco di Grigny, in Francia, ha affermato che la pandemia di COVID-19 richiede un’accelerazione della protezione dei diritti umani da parte dei comuni locali e degli SDG verso un mondo più equo e inclusivo. Ha chiesto di migliorare l’accesso all’alloggio e alla salute, combattere la violenza di genere e salvaguardare le popolazioni vulnerabili.

Emilia Saiz, Segretaria generale UCLG, ha riferito che l’UCLG sta creando uno spazio dedicato per il dialogo tra gli LRG e l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani, con l’obiettivo di aumentare lo sviluppo delle capacità e l’integrazione dei diritti umani all’interno del movimento municipale.

Altro argomento di discussione degli incontri è stato il Patto per il Futuro, che è in fase di elaborazione. I membri hanno approvato la componente di lavoro iniziale dei Consigli politici dell’UCLG per il Patto per il futuro.

Tunç Soyer, sindaco di Izmir (Turchia) ha chiesto una prospettiva di “cultura circolare” per sostenere la pianificazione urbana per ridurre l’impronta delle città.

I membri hanno quindi adottato il piano di lavoro 2022, approvato il bilancio e una nuova struttura di governance provvisoria con una presidenza a rotazione dell’UCLG e discusso i preparativi per il settimo Congresso mondiale dell’UCLG. Il Congresso si riunirà a Daejeon, Repubblica di Corea, nel 2022, sul tema “Breaking Through as One”.

Consiglio mondiale UCLG 2021 e Forum mondiale delle regioni

Rapporto del Segretario Generale ONU Antonio Guterres “La Nostra Agenda Comune”
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Notizie
La Commissione europea ha dato recentemente il proprio via libera alla carta dell’Italia per la concessione degli aiuti a finalità regionale dal primo gennaio 2022 al 31 dicembre 2027 nel quadro degli orientamenti riveduti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale. Gli orientamenti riveduti, adottati dalla Commissione il 19 aprile 2021, entreranno in vigore il 1º gennaio 2022. Essi consentono agli Stati membri di aiutare le regioni europee meno favorite a recuperare il ritardo accumulato e di ridurre le disparità in termini di benessere economico, reddito e disoccupazione – obiettivi di coesione che sono al centro delle politiche dell’Unione.

Essi offrono inoltre agli Stati membri maggiori possibilità di dare sostegno alle regioni che affrontano una transizione o sfide strutturali, come lo spopolamento, affinché possano contribuire pienamente alla transizione verde e digitale.

La carta degli aiuti a finalità regionale dell’Italia indica che le regioni italiane ammissibili agli aiuti pubblici per investimenti (zona A) sono: Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna per un totale del 32% della popolazione nazionale. L’Italia, si legge ancora nella nota della Commissione, avrà anche la possibilità di designare cosiddette “zone c non predefinite”, per un massimo del 9,99% della popolazione nazionale, a cui concedere aiuti per investimenti.

Una volta definito un futuro piano territoriale per una transizione giusta nell’ambito del regolamento sul Fondo per una transizione giusta, l’Italia “avrà la possibilità di notificare una modifica della carta degli aiuti a finalità regionale, al fine di applicare un potenziale aumento dell’intensità massima di aiuto nelle future aree di transizione giusta, come specificato negli orientamenti riveduti per le “zone a”.

Nei suoi orientamenti la Commissione europea stabilisce le condizioni alle quali gli aiuti a finalità regionale possono essere considerati compatibili con il mercato interno e stabilisce i criteri per individuare le zone che soddisfano le condizioni. Gli allegati degli orientamenti individuano le regioni più svantaggiate (le cosiddette “zone a”), che comprendono le regioni ultraperiferiche e le regioni il cui PIL pro capite è pari o inferiore al 75 % della media UE, e le “zone c predefinite”, che rappresentano le ex “zone a” e le zone scarsamente popolate.

Gli Stati membri possono designare le cosiddette “zone c non predefinite” fino a un massimale di copertura “c” predefinito (per il quale sono disponibili dati anche negli allegati I e II degli orientamenti) e in linea con determinati criteri. Gli Stati membri devono notificare alla Commissione per approvazione la loro proposta di carta degli aiuti a finalità regionale.

La versione non riservata della decisione odierna sarà consultabile sotto il numero SA.100380 (nel registro degli aiuti di Stato) sul sito web della DG Concorrenza. Le nuove decisioni relative agli aiuti di Stato pubblicate su internet e nella Gazzetta ufficiale figurano nel bollettino elettronico di informazione settimanale in materia di concorrenza (Competition Weekly e-News).
Fonte Ansa
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Oltre mille miliardi di euro, circa il 5,6% del Prodotto interno lordo dell’Ue: è quanto rischia di perdere in termini di crescita e prosperità l’Unione ogni anno, a partire dal 2050, se non riuscirà a vincere la sfida che ha davanti a sé per realizzare la transizione energetica necessaria al fine di raggiungere l’obiettivo di zero emissioni.

E’ quanto emerge da un rapporto preparato dal servizio studi del Parlamento europeo su richiesta della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia.
Un rapporto che serve a valutare quali sarebbero le conseguenze macro-economiche della mancanza (o della presenza) di quelle azioni “ambiziose e comuni” che dovranno essere messe in campo a livello europeo per arrivare alla drastica riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

Secondo lo studio, il costo complessivo della mancanza di azioni forti e coordinate a livello Ue potrebbe arrivare a 464 miliardi già nel 2030 per poi toccare quota 1.029 miliardi nel 2050. La principale voce a incidere sul rapporto costo-benefici al 2050 sarà quella di una transizione “equa” e attenta “a non lasciare nessuno indietro”.
Se ben gestita, questa trasformazione potrà portare vantaggi economici stimati in 261 miliardi l’anno. Ma “c’è il rischio – si avverte nel documento – che la mancanza di azioni strategiche a livello Ue per affrontare le questioni della volatilità e dell’aumento dei prezzi dell’energia” penalizzando le fasce più povere della popolazione “riduca sostanzialmente questi benefici”.

L’altra voce più importante del bilancio della transizione è legata al contenimento del riscaldamento globale in 1,5 gradi. Se l’obiettivo sarà raggiunto si potrà evitare di pagare danni per 203 miliardi l’anno.

Quattro le azioni che, secondo lo studio del Parlamento di Strasburgo, dovrebbero essere intraprese a livello Ue per assicurarsi che la decarbonizzazione abbia un impatto macro-economico positivo.
Innanzitutto puntare e investire sull’innovazione e agire con misure mirate per assicurare che i costi della transizione non penalizzino le fasce più povere e vulnerabili della popolazione.
Poi occorre procedere con decisione per creare un mercato energetico più integrato, con una maggiore diversificazione delle fonti e senza sussidi distorsivi. Infine, la necessità di perseguire una politica energetica comune più efficace e credibile soprattutto nei confronti dei Paesi terzi fornitori delle materie prime.

INFOGRAFICA: IL BILANCIO DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA fonte: EDNHUB
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