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La Gazzetta ufficiale dell’Unione europea serie C del 26 marzo pubblica il Parere del Comitato economico e sociale europeo (CESE) sul tema: «Combattere la povertà e l’esclusione sociale sfruttando il potere dell’economia sociale e delle innovazioni socioeconomiche»

IL PARERE DEL CESE IN ITALIANO (PDF)
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In che modo l’Unione europea sta rafforzando le norme contro la tratta di esseri umani per contrastare le nuove forme di sfruttamento? Ce lo racconta il Parlamento europeo attraverso uno speciale pubblicato sul proprio sito.

In cosa consiste la tratta di esseri umani?

Consiste nel reclutare, trasportare, trasferire, dare rifugio o accogliere persone attraverso la forza, la frode o l’inganno, con l’obiettivo di sfruttarle a scopo di lucro.

Dati relativi alla tratta di esseri umani

Ogni anno più di 7.000 sono vittime della tratta di esseri umani nell’Unione europea, sebbene se il numero reale potrebbe essere molto superiore, poiché molti di questi non vengono individuati.

La maggior parte delle vittime sono donne e ragazze, ma è in aumento il numero degli uomini, in particolare per svolgere lavori forzati.

Forme di tratta di esseri umani

Tra le varie tipologie di traffico troviamo:

lo sfruttamento sessuale: dove le vittime sono prevalentemente donne e bambini.

il lavoro forzato: in cui le vittime provenienti principalmente da paesi in via di sviluppo, sono costrette a lavorare in posizioni ad alta intensità di manodopera o tenute in una situazione di schiavitù domestica.

le attività criminali forzate: le vittime sono costrette a svolgere una serie di attività illegali, spesso con quote per queste attività e possono affrontare severe punizioni se non le rispettano.

le donazioni di organi: per questa fattispecie le vittime generalmente ricevono un risarcimento minimo o quasi nullo e vengono esposte a alti rischi per la salute.

Le cause alla base del traffico di esseri umani

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, tra le cause alla base di questo fenomeno vi sono le disuguaglianze tra i Paesi, le politiche di immigrazione e la crescente domanda di manodopera a basso costo. La povertà e la violenza aumentano la suscettibilità delle persone alla tratta.

L’impegno dell’UE?

Le azioni intraprese finora dall’UE


Nel 2011, il Parlamento europeo ha emanato una direttiva contro la tratta per assistere le vittime e reprimere i trafficanti. La direttiva punta a prevenire la tratta di esseri umani e riconosce che, poiché le donne e gli uomini sono spesso vittime della tratta per scopi diversi, anche le misure di assistenza e sostegno devono essere specifiche per genere.

Negli ultimi anni le forme di sfruttamento sono mutate e la tratta si è andata spostando sempre più online. Inoltre, più recentemente, il conflitto tra Russia e Ucraina ha portato a un massiccio esodo di donne e bambini, creando nuove opportunità per le organizzazioni criminali.

In ragione di questa situazione, il 19 dicembre 2022, la Commissione europea ha proposto di rafforzare le norme includendo nel quadro UE esistente i seguenti aspetti:

Rendere il matrimonio forzato e l’adozione illegale in reati

Inserire un riferimento esplicito ai reati di tratta di esseri umani commessi o agevolati alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, compresi Internet e i social media

Imporre sanzioni obbligatorie per i reati di tratta, inclusa l’esclusione dei responsabili dai benefici pubblici o la chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti in cui è avvenuto il reato di tratta

Creare meccanismi formali di riferimento a livello nazionale per migliorare l’identificazione tempestiva e il rinvio all’assistenza e al sostegno delle vittime Intensificare la riduzione della domanda rendendo l’uso consapevole dei servizi forniti dalle vittime della tratta un reato penale

Intensificare gli sforzi per ridurre la domanda, rendendo l’utilizzo consapevole dei servizi forniti da vittime del traffico un reato penale.

Effettuare una raccolta dati sulla tratta su base annuale a livello UE

Posizione del Parlamento europeo

I deputati del Parlamento europeo puntano a potenziare la protezione delle vittime della tratta di esseri umani.

La posizione del Parlamento comprende:

– Garantire protezione e sostegno adeguato alle vittime e il rispetto del diritto di asilo.

– Evitare di processare penalmente le vittime costrette a commettere atti criminali.

– Fornire un sostegno mirato basato su genere, disabilità e minori.

– Includere misure anti-tratta nei piani di emergenza per disastri naturali, crisi sanitarie e migrazioni.

I deputati propongono inoltre di considerare un reato penale obbligare una donna a diventare madre surrogata, garantendo così i diritti delle vittime e la punizione dei responsabili.

Il Parlamento europeo ha definito la propria posizione nell’ottobre 2023 ed è ora pronto a iniziare i negoziati con gli Stati membri dell’UE.

Ulteriori informazioni

Progressi legislativi: strategia per l’eradicazione della tratta di esseri umani (EN)

Studio del PE: Prevenzione e lotta alla tratta di esseri umani (giugno 2023, EN)

Tratta di esseri umani: la Commissione propone norme più rigorose per fronteggiare questo reato in evoluzione (19-12-2022)

Scheda informativa della CE: Lotta alla tratta di esseri umani (EN)
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Nel 2022, il 2,4% della popolazione dell’UE non poteva permettersi una connessione a Internet. Più alta, invece, la quota per le persone a rischio di povertà, pari al 7,6%. Rispetto al 2021, la situazione è migliorata di 0,3 punti percentuali (2,7%) per la popolazione totale e di 0,8 (8,4%) per le persone a rischio di povertà.Lo rende noto il sito di Eurostat, l’ufficio statistiche dell’UE.

Nel 2022, la differenza tra la popolazione totale e quella a rischio di povertà in termini di capacità di permettersi una connessione a Internet era visibile anche nei paesi dell’UE: la percentuale più alta di persone a rischio di povertà che non potevano permettersi una connessione a Internet è stata registrata nel Romania (25,0%), seguita da Bulgaria (20,5%) e Ungheria (16,5%). Le quote più basse sono state invece registrate in Danimarca e Finlandia (entrambe 1,0%), seguite da Cipro e Lussemburgo (entrambe 1,5%).

La capacità di permettersi una connessione internet per uso personale è tra le voci osservate a livello familiare per calcolare il tasso di grave deprivazione materiale e sociale. Questo è uno degli indicatori principali del pilastro europeo dei diritti socialiQuadro di valutazione sociale degli indicatori.

Sezione tematica Eurostat su reddito e condizioni di vita

Banca dati Eurostat sul reddito e sulle condizioni di vita

Sezione tematica Eurostat sul pilastro europeo dei diritti sociali

Banca dati Eurostat sul pilastro europeo dei diritti sociali

Piano d’azione UE per il pilastro europeo dei diritti sociali
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Nel 2022, 95,3 milioni di persone nell’UE (il 22 % della popolazione) erano a rischio di povertà o di esclusione sociale ossia vivevano in famiglie che subivano almeno uno dei tre rischi di povertà e di esclusione sociale: rischio di povertà, grave rischio materiale e sociale privazione e/o vivere in una famiglia con un’intensità di lavoro molto bassa. Il dato è rimasto relativamente stabile rispetto al 2021 (95,4 milioni, il 22% della popolazione).

Lorende noto il sito di Eurostat, l’ufficio statistiche dell’Unione europea.
Le quote di persone a rischio di povertà o esclusione sociale variavano nei paesi dell’UE nel 2022. I valori più elevati sono stati segnalati in Romania (34%), Bulgaria (32%), Grecia e Spagna (entrambi 26%). D’altra parte, le quote più basse sono state registrate nella Repubblica Ceca (12%), Slovenia (13%) e Polonia (16%).

Articolo Eurostat sulle condizioni di vita in Europa – povertà ed esclusione sociale

Articolo Eurostat sulla metodologia delle statistiche dell’UE sul reddito e sulle condizioni di vita (EU-SILC) – persone a rischio di povertà o di esclusione sociale

Sezione tematica Eurostat su reddito, inclusione sociale e condizioni di vita

Banca dati Eurostat sul reddito e sulle condizioni di vita
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Un reddito minimo adeguato è una condizione necessaria per garantire una vita dignitosa a molti europei, tanto più in quanto si prevede che aumenti il numero di persone a rischio di povertà. Onde assicurarsi che di tale reddito possano beneficiare effettivamente tutti coloro che ne hanno bisogno, gli Stati membri dovrebbero stabilire criteri di ammissibilità trasparenti e non discriminatori.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha manifestato recentemente il suo sostegno alla proposta della Commissione europea di una raccomandazione del Consiglio relativa a un adeguato reddito minimo, salutando in essa un elemento essenziale della lotta contro la povertà e un passo necessario per conseguire l’obiettivo dell’UE di ridurre il numero delle persone a rischio di povertà di almeno 15 milioni entro la fine del decennio in corso.

Nel parere adottato sul tema nella sessione plenaria di marzo, il CESE ha espresso particolare apprezzamento per il fatto che la raccomandazione proposta suggerisca di applicare criteri realistici e non troppo restrittivi per mettere un reddito minimo adeguato − tale cioè da garantire a chiunque una vita dignitosa − a disposizione di tutti, senza lasciare indietro nessuno.

Per garantire che i regimi di reddito minimo forniscano risorse sufficienti, occorre inoltre mantenere tale reddito in linea con il tasso d’inflazione, che si prevede aumenti ulteriormente nel 2023 − raggiungendo il 6,5 % − nel contesto dell’aumento del costo della vita innescato dai recenti rincari dei prodotti alimentari e dell’energia. A questo scopo, il CESE propone che gli Stati membri valutino i livelli di reddito minimo su base annua, appunto in funzione del tasso d’inflazione − un esercizio che dovrebbe essere monitorato dalle organizzazioni della società civile, dalle parti sociali e dagli enti previdenziali.

Regimi di reddito minimo efficaci possono concorrere a garantire il rispetto dei diritti umani nonché fare in modo che le persone vivano dignitosamente, aiutarle a rimanere attive e incluse nella società e contribuire a integrarle in un’occupazione di qualità, ha dichiarato il relatore del parere Jason Deguara, aggiungendo che anche i lavoratori autonomi dovrebbero avere pieno diritto al reddito minimo e ad altre prestazioni.

L’obiettivo è ridurre il numero di persone a rischio di povertà di almeno 15 milioni entro il 2030. A prima vista, questo obiettivo non sembra molto ambizioso, ma le indicazioni fornite agli Stati membri e la base di una solida metodologia lo rendono certamente un importante passo avanti, afferma il parere del CESE, spiegando che un’occupazione sostenibile e di qualità costituisce il modo migliore per uscire dalla povertà e dall’esclusione sociale. In quest’ottica, noi chiediamo che si dedichi una particolare attenzione a gruppi specifici quali le famiglie monoparentali, le famiglie migranti, i giovani, le persone con disabilità e i Rom.

In generale i livelli di reddito minimo e la sua composizione variano notevolmente da uno Stato sociale all’altro, e questo vale anche all’interno dell’Unione europea. La situazione sul mercato del lavoro dei beneficiari del reddito minimo varia anch’essa notevolmente da uno Stato membro all’altro.

Nessuno dei paesi dell’UE garantisce attualmente alle famiglie senza lavoro un adeguato sostegno al reddito, tale da consentir loro di evitare il rischio di cadere in povertà. A causa delle condizioni di ammissibilità vigenti, relative ad esempio all’età minima, allo status di soggiornante, alla mancanza di una fissa dimora o alla composizione familiare, circa il 20 % delle persone senza lavoro non può attualmente ricevere alcun sostegno.

Esiste inoltre un problema di mancato utilizzo del reddito minimo, stimato tra il 30 e il 50 %, dovuto in larga misura a pastoie burocratiche.

In numerosi Stati membri il livello delle prestazioni di reddito minimo non è stabilito sulla base di una metodologia solida né collegato a indicatori fondati su dati statistici che rispecchino una vita dignitosa.

Nel parere, il CESE esorta quindi gli Stati membri a elaborare una siffatta metodologia, in modo da tenere conto delle diverse fonti di reddito e delle situazioni specifiche delle famiglie. E afferma che gli Stati membri dovrebbero stabilire criteri trasparenti e non discriminatori di ammissibilità al reddito minimo e che i regimi di reddito minimo dovrebbero essere parte integrante delle strategie nazionali di lotta alla povertà.

Nonostante l’attuale margine di azione a livello di Unione europea, gli Stati membri dovrebbero mantenere il diritto di definire il principio su cui basare il proprio sistema sociale, e i regimi di reddito minimo esistenti andrebbero analizzati in relazione ai sistemi complessivi di protezione sociale di cui fanno parte.

Per garantire l’adeguatezza dei regimi di reddito minimo, gli Stati membri devono − coordinandosi a livello europeo − elaborare ciascuno un bilancio di riferimento relativo a un paniere di beni e servizi. Tale paniere deve comprendere, tra gli altri, l’alloggio, l’acqua, l’elettricità, il riscaldamento, le telecomunicazioni, l’alimentazione, la sanità, i trasporti, la cultura e il tempo libero.

Secondo il CESE, i regimi di reddito minimo dovrebbero includere prestazioni sia in denaro che in natura per coloro che non possono lavorare o per i quali lavorare è pressoché impossibile.

Il CESE fa inoltre osservare come i sistemi di reddito minimo abbiano un effetto stabilizzatore sull’economia in generale, in quanto svolgono un ruolo chiave nel fornire sostegno e incentivi all’integrazione o al reinserimento delle persone nel mercato del lavoro.

La crisi indotta dalla pandemia di COVID-19 ha fatto crescere il numero delle persone a rischio di povertà e di esclusione sociale, che nell’Unione europea nel 2021 erano già più di 95,4 milioni. E le ripercussioni dell’invasione russa dell’Ucraina faranno crescere ulteriormente questo numero. Tra le persone particolarmente a rischio figurano quelle appartenenti a gruppi vulnerabili come le famiglie monoparentali o migranti, le persone con disabilità, i giovani e i Rom.

Neanche un lavoro a tempo pieno mette le famiglie monoparentali al riparo dal rischio di povertà. Quanto alle famiglie con due percettori di reddito da lavoro a tempo pieno, famiglie che normalmente non erano a rischio di povertà, sono ormai anch’esse a rischio se vi sono più di due figli a carico.
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La Commissione europea ha annunciato attraverso un comunicato stampa di aver aperto il 9 marzo le candidature per il premio Lorenzo Natali, il principale riconoscimento giornalistico dell’UE. È possibile partecipare presentando storie corrispondenti ai criteri ammissibili fino al 28 aprile.

Il premio vuole essere un riconoscimento e un omaggio per giornalisti provenienti da tutto il mondo che, con il loro lavoro, puntano i riflettori sulle sfide globali più impellenti.

La Commissione europea invita a candidarsi online i giornalisti che si occupano di disuguaglianze, eliminazione della povertà, sviluppo sostenibile, ambiente, biodiversità, azione per il clima, digitale, occupazione, istruzione e sviluppo delle competenze, migrazione, assistenza sanitaria, pace, democrazia e diritti umani.

È possibile presentare opere scritte, audiovisivi o multimediali in una delle seguenti categorie:

premio internazionale: per articoli pubblicati in un organo di stampa con sede in uno dei paesi partner dell’Unione europea

premio Europa: per articoli pubblicati in un organo di stampa con sede nell’Unione europea

premio per il miglior giornalista emergente: per articoli di giornalisti giovani (sotto i 30 anni al momento della pubblicazione) pubblicati in un organo di stampa con sede in uno qualsiasi dei paesi ammissibili ai premi internazionali ed europei.

Le opere possono essere presentate in qualsiasi lingua ma devono essere accompagnate da una traduzione in una delle lingue del concorso: inglese, francese, spagnolo, tedesco o portoghese.

Informazioni dettagliate sui termini e le condizioni </strong>
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In molte parti d’Europa la povertà energetica costituisce un problema importante, le famiglie faticano a tenere il passo con i costi energetici in aumento. I dati Eurofound del 2022 indicano che, rispetto agli uomini, le madri e le donne single hanno maggiori probabilità di incontrare difficoltà nel pagare le bollette energetiche. Questo spesso è dovuto a redditi medi più bassi e a una prevalenza di lavoro poco retribuito, part-time o precario. Nel 2020 il divario retributivo di genere nell’UE era ancora al 13% e nell’ultimo decennio è cambiato solo in minima parte. Ciò significa che le donne guadagnano in media il 13% in meno all’ora rispetto agli uomini.

La crisi del costo della vita sta avendo un impatto negativo sull’inclusione economica e sociale, sulla salute e sui diritti fondamentali delle donne. Inoltre, per le donne senza reddito o con un reddito basso, sfuggire agli abusi e alla violenza domestica da parte dei partner a cui sono legate finanziariamente, è ancora più difficile.

Il Parlamento è al lavoro per creare un Fondo sociale per il clima per garantire energia a prezzi accessibili a tutti gli europei, in particolare quelli in situazioni vulnerabili. Il fondo dovrebbe finanziare misure concrete per affrontare la povertà energetica e della mobilità, sia a breve che a lungo termine.

Il 1° marzo, la commissione per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere incontrerà i membri dei parlamenti nazionali dei paesi dell’UE, in vista della Giornata internazionale della donna che si svolgerà l’8 marzo e discuterà degli aspetti di genere legati della povertà energetica. Robert Biedroń presiederà la sessione con ospiti del calibro di Katharina Habersbrunner, di Women Engage for a Common Future e Juliana Whalgren, direttrice della Rete europea contro la povertà. L’evento costituisce un’occasione per scambiare informazioni, esperienze e buone pratiche nell’affrontare la crisi energetica ei suoi effetti sociali ed economici sulle donne.

Seguite l’evento in diretta online.
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La Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C47 del 7 febbraio pubblica la Risoluzione del Parlamento europeo sulla povertà femminile in Europa.

Il Parlamento europeo rileva tra l’altro che si registra una concentrazione sproporzionata e spesso non volontaria di donne nel lavoro precario, che comprende un numero elevato di contratti di lavoro a tempo parziale e scarsamente retribuito, a tempo determinato e a zero ore; esorta gli Stati membri ad attuare le raccomandazioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro destinate a ridurre la portata del lavoro precario che includono, ad esempio, la limitazione dei casi in cui poter impiegare contratti precari e la riduzione del periodo in cui i lavoratori possono essere assunti con tali contratti.

L’Assemblea di Strasburgo invita gli Stati membri ad adottare politiche attive ed efficaci per prevenire e combattere le molestie sul luogo di lavoro, comprese quelle di natura sessuale e psicologica; invita la Commissione e gli Stati membri a garantire adeguati meccanismi di finanziamento per programmi e azioni volti a combattere le molestie sul luogo di lavoro, compresi meccanismi che aiutino le donne a denunciare i casi di molestie; invita gli Stati membri e l’UE a ratificare la convenzione n. 190 dell’Organizzazione internazionale del lavoro sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro.

Il Parlamento europeo sottolinea l’importanza di aumentare la consapevolezza circa le conseguenze delle scelte delle donne sul mercato del lavoro e l’importanza della loro indipendenza economica per proteggerle dalla povertà e dall’esclusione sociale.

LA RISOLUZIONE COMPLETA IN ITALIANO (PDF)
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