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La Commissione europea ha riferito sullo stato di Schengen nell’ultimo anno e ha stabilito le priorità per l’anno a venire. Lo spazio Schengen, scrive la Commissione, è diventato l’area di libera circolazione più grande del mondo.

Garantendo viaggi agevoli e sicuri a una popolazione di quasi 450 milioni di persone, lo spazio Schengen è essenziale per la competitività dell’Unione europea. Nel 2023 Schengen è rimasta forte e rimane la destinazione più visitata al mondo.

Sono stati rilasciati oltre 10 milioni di visti Schengen e più di mezzo miliardo di passeggeri hanno visitato l’area Schengen, raggiungendo il 92% dei livelli pre-pandemia del 2019, informa Bruxelles. Ciò ha contribuito in modo significativo all’economia dell’UE, poiché il turismo contribuisce per quasi il 10% al PIL dell’UE e fornisce lavoro a circa 22,6 milioni di persone.

Lo Stato di Schengen 2024 riporta i risultati, le sfide e gli sviluppi nello spazio Schengen durante l’ultimo ciclo 2023-2024. La relazione mostra che le norme Schengen sono ben applicate, sebbene vi siano alcune lacune nell’attuazione.

Rapporto sullo stato di Schengen 2024

Valutazione Schengen
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La cittadinanza europea è una delle conquiste più significative dell’UE. Lo sottolinea un comunicato stampa della Commissione europea. Per celebrare il 30° anniversario della cittadinanza europea, la Commissione europea ha presentato il 6 dicembre un pacchetto di misure volte a rafforzare i diritti di cittadinanza europea in tutta l’Unione. Gli individui che hanno la nazionalità di un paese dell’UE godono di una serie di diritti e benefici distinti dall’essere cittadini di uno specifico Stato membro, compreso il diritto alla libera circolazione, alla protezione consolare e alla partecipazione attiva ai processi democratici.

Il Rapporto 2023 sulla cittadinanza dell’UE pubblicato il 6 dicembre evidenzia i progressi compiuti nel rafforzamento e nella promozione dei diritti di cittadinanza, dei valori comuni e della partecipazione democratica nell’UE dalla pubblicazione dell’ultimo Rapporto sulla cittadinanza nel 2020.

La Commissione propone di modificare le norme stabilite dalla direttiva sulla protezione consolare per proteggere e sostenere i cittadini dell’UE all’estero in tempi di crisi. La presente proposta è stata elaborata in stretta collaborazione con l’Alto Rappresentante, sotto la cui autorità operano il SEAE e le delegazioni dell’UE nei paesi terzi. Nell’ambito del pacchetto la Commissione presenta anche nuovi orientamenti sul diritto alla libera circolazione, una guida di buone pratiche elettorali per i cittadini con disabilità , un compendio delle pratiche di voto elettronico, nonché una guida alla cittadinanza dell’UE .

La Commissione ha adottato anche la sua prima relazione sull’attuazione del regolamento sull’iniziativa cittadina europea e pubblica l’ultimo sondaggio Eurobarometro sulla cittadinanza e la democrazia, incentrato sulla consapevolezza dei cittadini dell’UE riguardo ai propri diritti di cittadinanza.

Relazione sull’attuazione dell’iniziativa dei cittadini europei – Scheda informativa

Rapporto 2023 sulla cittadinanza dell’UE

Nuova proposta di direttiva sulla tutela consolare

Guida al diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea e delle loro famiglie

Guida alle buone pratiche elettorali per le persone con disabilità

Guida alla cittadinanza europea
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La Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per non aver posto fine alla discriminazione dei docenti stranieri.

Ciò è dovuto al fatto che l’Italia non applica adeguatamente la legislazione nazionale che recepisce le norme dell’UE sulla libera circolazione dei lavoratori (regolamento (UE) n. 492/2011 e articolo 45 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea).

Ai sensi del diritto dell’UE, i cittadini dell’UE che esercitano il loro diritto alla libera circolazione non devono essere discriminati a causa della loro nazionalità per quanto riguarda l’accesso all’occupazione e le condizioni di lavoro. La legge italiana fornisce un quadro accettabile per la cosiddetta ricostruzione delle carriere dei lettori stranieri (‘Lettore’) nelle università italiane. Ciò è stato riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C-119/04.

Tuttavia, ad oggi, la maggior parte degli atenei in Italia non ha compiuto i passi necessari per una corretta ricostruzione delle carriere dei Lettori. Ciò include l’adeguamento della retribuzione, dell’anzianità e dei relativi benefici previdenziali a quelli di un ricercatore con contratto a tempo parziale. Comprende anche il diritto agli arretrati a partire dall’inizio del rapporto di lavoro. Di conseguenza, la maggior parte dei docenti stranieri non ha ancora ricevuto il denaro e i benefici a cui ha diritto.

La Commissione ha avviato la procedura d’infrazione contro l’Italia nel 2021 e ha dato seguito a un parere motivato nel gennaio 2023. Nonostante la legislazione nazionale e la sentenza della Corte, i docenti stranieri continuano a essere discriminati. Per questo motivo la Commissione deferisce ora l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

L’articolo 45 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) vieta la discriminazione dei cittadini dell’UE sulla base della loro nazionalità in un altro Stato membro dell’UE quando si tratta di accesso all’occupazione e condizioni di lavoro.

Questa disposizione del trattato è ulteriormente dettagliata nel regolamento (UE) n. 492/2011 sulla libera circolazione dei lavoratori. L’articolo 7, paragrafo 1, vieta agli Stati membri di trattare i lavoratori dell’UE in modo diverso dai lavoratori nazionali in base alla loro nazionalità per quanto riguarda qualsiasi condizione di impiego e di lavoro, in particolare per quanto riguarda la retribuzione.

Per maggiori informazioni

Procedura di infrazione

Banca dati delle decisioni di infrazione
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La zona Schengen, cioè quella in cui si può viaggiare senza passaporto, comprende oggi 26 stati. Ecco quali sono, secondo il Parlamento europeo, le prospettive per il futuro.

La libertà di circolazione, cioè vivere, studiare, lavorare e andare in pensione ovunque nell’UE è uno dei vantaggi più evidenti dell’Unione europea. Stabilendo l’area Schengen, nel 1995, i paesi che partecipano hanno abolito anche i controlli nelle frontiere interne dell’Unione.

Quasi tutti i paesi membri dell’UE sono anche membri della zona Schengen. L’Irlanda ha optato per restarne fuori e ha la propria area di libera circolazione con il Regno Unito. Bulgaria, Croazia, Cipro e Romania devono entrare a far parte di Schengen in quanto membri dell’UE.

La zona Schengen comprende anche quattro stati non membri dell’Unione: Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein.

L’allargamento della zona Schengen
Romania e Bulgaria hanno i requisiti per la piena adesione, ma l’area Schengen non è stata ancora estesa a questi due paesi. Per poterlo fare, i governi nazionali dell’UE devono decidere all’unanimità di consentire a nuovi Stati di entrare a far parte della zona senza frontiere. In una votazione tenutasi il 18 ottobre 2022, il PE ha reiterato il loro appello per l’ammissione di entrambi i paesi nell’area Schengen, sottolineando la centralità della libera circolazione nel progetto UE.

Entro la fine del 2022, il Parlamento dovrebbe approvare l’adesione della Croazia a Schengen mentre Cipro per il momento gode di una deroga che permette di non entrare a far parte della zona senza frontiere.

Come funziona la zona Schengen?
I paesi devono prendersi la responsabilità di controllare le frontiere esterne dell’UE Devono applicare le regole comuni di Schengen, come il controllo dello spazio aereo, terrestre e marittimo e rilasciare visti secondo un sistema uniforme.

Per garantire un elevato livello di sicurezza all’interno dell’area Schengen, le forze di polizia e di frontiera degli Stati membri facenti parte dell’area devono cooperare devono connettersi e utilizzare il Sistema d’informazione Schengen (SIS).

Ogni anno all’interno dell’area Schengen vengono effettuati più di 1,25 miliardi di viaggi. All’interno dell’area Schengen I controlli alle frontiere interne sono stati aboliti, ma gli Stati hanno mantenuto il diritto di ripristinarli temporaneamente in caso di gravi minacce all’ordine pubblico o alla sicurezza interna.

Dal 2015, a seguito della crisi migratoria e dell’intensificarsi di minacce terroristiche, alcuni Stati hanno deciso di reintrodurre tali controlli in alcuni casi estendendoli.

La pandemia del coronavirus ha spinto molti Stati membri dell’UE , nel tentativo di contenere la propagazione del virus.

Nel dicembre 2021, la Commissione europea ha proposto una revisione delle regole sull’area Schengen, miranti a garantire l’impiego dei controlli alle frontiere come ultima risorsa e a promuovere misure alternative come controlli mirati e maggiore cooperazione della polizia.

Il Parlamento europeo sta esaminando tale proposta per facilitare la libera circolazione delle persone in tutta l’UE. Il PE si è ripetutamente opposto alla reintroduzione dei controlli, che ostacolano la libera circolazione delle persone nell’UE.

Questioni da risolvere nell’area Schengen e le misure prese per rafforzarla

Questo articolo è stato pubblicato sul sito del Parlamento europeo inizialmente nel febbraio 2018 e aggiornato nell’ottobre 2022.
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La Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C231 del 15 giugno informa che la Corte di Conti europea ha pubblicato la Relazione speciale sul tema «Libera circolazione nell’UE durante la pandemia di COVID-19 – Il controllo dei controlli alle frontiere interne è limitato, e le azioni intraprese dagli Stati membri non sono coordinate»

“Il diritto dei cittadini dell’UE di circolare liberamente nel territorio degli Stati membri dell’UE è una libertà fondamentale dell’Unione europea”, scrive la Corte dei Conti. La Corte ha esaminato la supervisione della Commissione sui controlli alle frontiere interne Schengen e sulle restrizioni di viaggio imposte dagli Stati membri durante la pandemia di COVID-19, nonché gli sforzi intrapresi a livello dell’UE per coordinare tali restrizioni fino alla fine di giugno 2021.

La Corte ha concluso che limitazioni del quadro giuridico hanno ostacolato il controllo da parte della Commissione delle restrizioni alla libera circolazione imposte dagli Stati membri. Inoltre, la Commissione non ha esercitato un controllo adeguato per garantire che i controlli alle frontiere interne fossero conformi alla normativa Schengen. Nonostante le iniziative della Commissione, le restrizioni di viaggio degli Stati membri erano per lo più non coordinate.

LA RELAZIONE COMPLETA IN ITALIANO
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La Commissione europea ha adottato il 23 maggio un piano di emergenza per i trasporti per rafforzare la resilienza dei trasporti dell’UE in tempi di crisi. Il piano trae insegnamenti dalla pandemia di COVID-19 e tiene conto delle sfide che il settore dei trasporti dell’UE ha dovuto affrontare dall’inizio dell’aggressione militare russa contro l’Ucraina. Entrambe le crisi hanno gravemente colpito il trasporto di merci e persone, ma la resilienza di questo settore e il migliore coordinamento tra gli Stati membri sono stati fondamentali per la risposta dell’UE a queste sfide.

Il piano propone 10 azioni per guidare l’UE e i suoi Stati membri nell’introduzione di tali misure di risposta alle emergenze in caso di crisi. Tra le altre azioni, Bruxelles sottolinea l’importanza di garantire connettività e protezione dei passeggeri minime, rafforzare la resilienza agli attacchi informatici e test di resilienza. Inoltre, la Commissione mette in evidenza l’importanza dei principi delle corsie verdi, che garantiscono che il trasporto di merci via terra possa attraversare le frontiere in meno di 15 minuti, e rafforza il ruolo della rete di punti di contatto nelle autorità nazionali di trasporto. Entrambi si sono rivelati cruciali durante la pandemia di COVID-19, in quanto così come nell’attuale crisi causata dall’aggressione russa contro l’Ucraina.

Le 10 aree di azione sono:

Rendere le leggi dell’UE sui trasporti adatte a situazioni di crisi

Garantire un sostegno adeguato al settore dei trasporti

Garantire la libera circolazione di beni, servizi e persone

Gestione dei flussi di profughi e rimpatrio di passeggeri bloccati e lavoratori dei trasporti

Garantire connettività minima e protezione dei passeggeri Condivisione delle informazioni di trasporto

Rafforzare il coordinamento della politica dei trasporti

Rafforzamento della sicurezza informatica

Verifica della contingenza di trasporto

Cooperazione con partner internazionali
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Con la minaccia di guerra alle porte, lo spazio Schengen dovrebbe essere ulteriormente rafforzato attraverso una migliore cooperazione di polizia e giudiziaria, con le sue frontiere interne mantenute aperte, ha affermato recentemente in un parere il Comitato economico e sociale dell’Unione europea (CESE).

La guerra in Ucraina, che ha causato un flusso senza precedenti di rifugiati in cerca di rifugio nell’UE, secondo il CESE indica l’urgente necessità di normative europee comuni efficaci, umane e umanitarie in materia di migrazione e asilo in uno spazio Schengen aperto ma ugualmente sicuro, secondo un Parere del CESE adottato nella sessione plenaria di maggio.

Nel parere, che ha valutato il recente pacchetto della Commissione relativo all’aggiornamento delle norme che disciplinano lo spazio Schengen, il CESE ha affermato che i problemi di sicurezza degli Stati membri sarebbero affrontati meglio intensificando e rafforzando la cooperazione e il coordinamento tra le autorità di contrasto piuttosto che reintroducendo i controlli alle frontiere interne.

Ciò è anche meno dannoso per la libera circolazione di persone, beni e servizi, che è una parte importante del DNA dell’Europa, sottolinea il Comitato.

Il parere pone un forte accento sulla garanzia che l’UE e gli Stati membri, nella gestione delle frontiere, della migrazione e dell’asilo, rispettino in ogni momento la Carta dei diritti fondamentali, in particolare la libertà di circolazione e soggiorno, nonché il diritto di asilo, e il principio di non respingimento. Lo stesso vale per tutti i casi di cooperazione di polizia e giudiziaria tra Stati membri.

A questo proposito, il Comitato ha accolto favorevolmente l’istituzione di un gruppo di esperti informale che avrebbe monitorato l’applicazione della direttiva sullo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto degli Stati membri e ha chiesto che le organizzazioni della società civile, compreso lui stesso, siano incluse nel gruppo di esperti lavoro.

Ha inoltre sottolineato che, nonostante l’importante ruolo svolto dagli Stati membri alle frontiere esterne, non sono stati in grado di proteggere da soli i confini Schengen. Per questo il CESE invita gli Stati membri a sostenere in modo proattivo il meccanismo di solidarietà e a condividere la responsabilità della gestione della migrazione, in linea con le disposizioni del Nuovo Patto per l’asilo e la migrazione.

Si potrebbero sviluppare meccanismi di solidarietà tra gli Stati membri sulla base della direttiva sulla protezione temporanea, appena attivata nel contesto dell’aggressione russa contro l’Ucraina e di cui il “CESE apprezza molto”. A suo avviso, la Commissione dovrebbe prendere in considerazione l’attuazione della direttiva sulla protezione temporanea per i cittadini di paesi terzi in future situazioni di crisi gravi e urgenti.

Il CESE ha inoltre ribadito la sua preoccupazione per la continua esclusione di Romania, Bulgaria, Croazia e Cipro dallo spazio Schengen e si è schierato con la Commissione chiedendo un’azione rapida e decisa da parte del Consiglio per cambiare tale situazione.
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