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Il Consiglio dell’Unione europea in un comunicato stampa del 12 aprile annuncia che per facilitare l’accoglienza dei rifugiati provenienti dall’Ucraina a seguito dell’aggressione russa, ha adottato un atto legislativo che consente agli Stati membri di ricevere quest’anno un totale di 3,5 miliardi di EUR supplementari in funzione del numero di rifugiati ospitati provenienti da tale paese.

L’atto introduce modifiche volte ad aumentare il prefinanziamento dell’iniziativa di assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa REACT-EU, uno dei programmi post-pandemia più importanti per rafforzare i fondi della politica di coesione e il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD).

Concretamente, precisa il comunicato, il prefinanziamento che sarà versato nel 2022 a titolo di REACT-EU sarà aumentato dall’11% al 15% per tutti gli Stati membri e dall’11% al 45% per i paesi dell’UE in cui il numero di rifugiati provenienti dall’Ucraina superava l’1% della rispettiva popolazione alla fine del primo mese successivo all’invasione russa.

Inoltre, l’atto introduce la possibilità di un costo unitario per persona per semplificare la mobilitazione dei fondi, il che consente di rispondere più efficacemente alle esigenze essenziali degli sfollati ucraini e di fornire loro un’assistenza di base.

Tali modifiche, precisa il Consiglio, mirano ad ridurre l’onere che grava sui bilanci pubblici degli Stati membri affinché questi ultimi possano gestire meglio questo afflusso di rifugiati.

Regolamento modificato relativo all’aumento del prefinanziamento a titolo delle risorse REACT-EU
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Il Parlamento europeo informa sul proprio sito di “esser pronto a avviare i negoziati con i governi UE sulla direttiva sulla trasparenza delle retribuzioni”.

Nel testo adottato, il Parlamento europeo afferma di voler abolire il segreto salariare nelle clausole contrattuali. Propongono infatti che le aziende dell’Unione europea con almeno 50 lavoratori dovrebbero vietare le condizioni contrattuali che impediscono ai lavoratori di divulgare informazioni sulla loro retribuzione, ed invece divulgare ogni divario retributivo di genere esistente al loro interno. Gli strumenti per la valutazione e il confronto dei livelli retributivi e i sistemi di classificazione professionale devono basarsi su criteri neutrali sotto il profilo del genere, dicono i deputati.

Se le informazioni sulle retribuzioni rivelano un divario retributivo pari o superiore il 2,5%, i datori di lavoro, in cooperazione con i rappresentanti dei lavoratori, dovrebbero condurre una valutazione delle retribuzioni ed elaborare un piano d’azione per garantire la parità.

Inoltre, l’Assemblea di Strasburgo chiede alla Commissione europea di creare una denominazione ufficiale per le aziende che non presentano un divario retributivo di genere. I deputati europei sostengono la proposta della Commissione europea di spostare l’onere della prova sulle questioni legate alla retribuzione al datore di lavoro. Nei casi in cui un lavoratore ritiene che il principio della parità di retribuzione non sia stato applicato e porta il caso in tribunale, la legislazione nazionale dovrebbe obbligare il datore di lavoro a provare che non c’è stata discriminazione, piuttosto che il lavoratore.

I negoziati sulla forma finale della legislazione potranno cominciare presto, dato che il Consiglio dell’Unione ha già approvato la sua posizione comune nel dicembre scorso.

Ricordiamo che il principio della parità di retribuzione è sancito dall’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Tuttavia, il divario retributivo di genere nell’Unione continua ad attestarsi attorno al 14% nel 2019, con variazioni significative tra i Paesi UE, ed è diminuito solo in minima parte negli ultimi dieci anni.
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