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Un dibattito organizzato dal Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha evidenziato che, nonostante le recenti iniziative, gli uomini continuano a essere la maggioranza nei settori delle scienze, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica. L’UE deve adottare nuove misure specifiche per promuovere la partecipazione delle donne e garantire così una transizione verde e digitale giusta.

I settori all’avanguardia delle nuove tecnologie continuano a essere tra gli ambiti di lavoro a minor tasso di diversità e inclusione. Le scienze, la tecnologia, l’ingegneria e la matematica, le cosiddette “STEM”, sono ancora a predominanza maschile, e le attuali politiche in materia di occupazione verde rischiano di rafforzare ulteriormente le disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro e di ostacolare una transizione giusta.

Il dibattito tematico sul tema Le donne in una transizione equa sotto il profilo del genere, organizzato recentemente dalla sezione Trasporti, energia, infrastrutture e società dell’informazione (TEN) del CESE, ha messo in luce dati allarmanti.

La ricerca dimostra che nel settore dell’energia circa l’80 % della forza lavoro è costituito da uomini. Per quanto riguarda in particolare le energie rinnovabili, le donne rappresentano in media il 35 % della manodopera, una quota leggermente più elevata ma ancora significativamente squilibrata.

Questo divario non riflette necessariamente la mancanza di partecipazione femminile all’istruzione nelle discipline STEM. La maggior parte degli studenti di master nelle materie scientifiche sono donne, ma rispetto agli uomini esse tendono ad abbandonare il settore in percentuali più elevate, un fenomeno noto con il termine leaky pipeline (“conduttura che perde”).

Inoltre, come nel resto del mercato del lavoro, permangono i consueti divari di genere, e le donne sono ancora sovrarappresentate nei settori a bassa retribuzione e sottorappresentate nelle posizioni decisionali.

Nel complesso, sebbene esistano ancora disuguaglianze, negli ultimi anni l’UE ha compiuto progressi significativi. Nel 2020 la Commissione europea ha adottato la strategia per la parità di genere 2020‑2025, nella quale si evidenziano le norme sociali discriminatorie e gli stereotipi sulle competenze delle donne e degli uomini e si mette in rilievo la sottovalutazione del lavoro femminile in determinati settori.

L’obiettivo finale è quello di un’Europa equa dal punto di vista del genere, un’Unione in cui le donne e gli uomini siano liberi di seguire il percorso scelto nella vita in tutta la loro diversità e abbiano pari opportunità nella società europea.

Inoltre, nel contesto dell’Anno europeo delle competenze 2023, la Commissione ha fissato l’obiettivo di abbinare le aspirazioni e le competenze delle persone alle opportunità sul mercato del lavoro, invitando a colmare il divario tra le donne laureate e la loro occupazione nelle carriere STEM.

Analogamente, nella revisione del 2023 dei piani nazionali per l’energia e il clima, gli Stati membri sono stati invitati a indicare piani d’azione specifici per promuovere posti di lavoro per le donne nel campo dell’energia pulita e ridurre gli squilibri di genere in tale settore.

L’UE ha un ruolo fondamentale da svolgere nel rafforzamento della parità di genere e dell’inclusione, e necessita di maggiori iniziative su questo percorso, in particolare per contrastare il fenomeno della leaky pipeline e garantire una transizione giusta sotto il profilo del genere.

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I ministri dell’Occupazione e degli affari sociali dell’UE hanno concordato il 12 giugno la loro posizione su due proposte che rafforzeranno l’indipendenza e il funzionamento degli organismi per la parità nell’UE, contribuendo a prevenire la discriminazione e a proteggere meglio le vittime.

Gli organismi per la parità svolgono un ruolo fondamentale nella protezione dei cittadini dell’UE dalla discriminazione. I due orientamenti generali concordati oggi dal Consiglio sono importanti per garantire che gli organismi nazionali per la parità dispongano dei poteri, delle risorse e dell’indipendenza per combattere efficacemente la discriminazione.

Attualmente tutti gli Stati membri dell’UE sono tenuti a istituire organismi nazionali al fine di combattere la discriminazione fondata su motivi quali l’origine razziale o etnica e il genere, ma il mandato e le competenze di tali organismi variano da uno Stato membro all’altro.

Le nuove norme stabiliranno requisiti minimi comuni a livello dell’UE per gli organismi per la parità in una serie di ambiti chiave che comprendono:

competenze rafforzate per consentire agli organismi per la parità di combattere la discriminazione per motivi di religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale nel settore dell’occupazione e la discriminazione fondata sul genere nel settore della sicurezza sociale

l’obbligo giuridico di indipendenza degli organismi per la parità

risorse umane, tecniche e finanziarie sufficienti

l’obbligo per le istituzioni pubbliche di consultare gli organismi per la parità su questioni relative alla discriminazione e alla parità di trattamento

maggiori poteri di svolgere indagini e di risoluzione delle controversie nei casi di discriminazione

Uno degli orientamenti generali concordati sarà negoziato nel quadro della procedura legislativa ordinaria e conferisce alla prossima presidenza spagnola del Consiglio il mandato di avviare i negoziati con il Parlamento europeo al fine di raggiungere un accordo provvisorio. Per quanto riguarda la proposta negoziata secondo la procedura legislativa speciale, il Parlamento europeo sarà invitato a dare la sua approvazione.

Gli organismi per la parità sono istituzioni pubbliche che proteggono e forniscono assistenza alle vittime di discriminazione. La legislazione dell’UE sulla parità stabilisce che tutti gli Stati membri devono istituire organismi nazionali per la parità incaricati di trattare i casi di discriminazione fondata sul sesso e sull’origine razziale o etnica.

Ai sensi dell’attuale legislazione sugli organismi per la parità, gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità, il che comporta differenze significative all’interno dell’UE in termini di competenze, indipendenza, risorse, accessibilità ed efficacia di tali organismi.

Il 7 dicembre 2022 la Commissione ha pubblicato due proposte per rafforzare gli organismi per la parità:

una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle norme riguardanti gli organismi per la parità nel settore della parità di trattamento e delle pari opportunità tra donne e uomini in materia di occupazione e impiego, avente come base giuridica l’articolo 157 TFUE (procedura legislativa ordinaria)

una proposta di direttiva del Consiglio sulle norme riguardanti gli organismi per la parità in materia di parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, parità di trattamento in materia di occupazione e impiego tra le persone indipendentemente dalla religione o dalle convinzioni personali, dalla disabilità, dall’età o dall’orientamento sessuale, parità di trattamento tra le donne e gli uomini in materia di sicurezza sociale e per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura, avente come base giuridica l’articolo 19, paragrafo 1, TFUE (procedura di approvazione)

Poiché la legislazione in corso di revisione si basa su due procedure legislative differenti, è stato necessario pubblicare due proposte della Commissione, anche se il loro contenuto è sostanzialmente identico.

Proposta di direttiva sulle norme riguardanti gli organismi per la parità (articolo 19 TFUE) – Orientamento generale

Proposta di direttiva sulle norme riguardanti gli organismi per la parità (articolo 157 TFUE) – Orientamento generale
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