In tempi di normalità, nell’impegno di governare una città, si rischia sempre di essere fagocitati all’interno del proprio perimetro d’azione. E’ faticoso per un amministratore locale trovare spazio per coltivare una visione più ampia e costruire relazioni di scambio con altre città, in generale con l’esterno. Durante la pandemia, invece, abbiamo imparato quanto il mondo sia connesso e, in qualche modo, molto più piccolo rispetto alla nostra percezione. Se la pandemia, dunque, non verrà usata soprattutto dagli enti locali come trampolino di lancio per immaginare un futuro fatto di apertura, di dialogo, di innovazione, di scambi o di best practice, perderemo una grandissima occasione.
E’ questo il momento di spingerci più in là programmando e progettando il futuro della città con grande respiro, utilizzando strumenti che già sono in nostro possesso. Il primo, il più importante è proprio l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite che ci fornisce tutti gli elementi per lavorare per obiettivi e non solo nel qui ed ora e tanto meno, permettetemi, non solo per imbonire la platea elettorale.
E’ ovvio, quindi, che non possiamo più farci trovare impreparati sui grandi temi, abbiamo parlato di salute, istruzione, ambiente, ma anche povertà e uguaglianza. La pandemia ci ha posto dinanzi a limiti, ma anche a prospettive che ovviamente vanno organizzate, programmate, verificate con una cooperazione sì tra enti, ma anche attraverso una collaborazione sinergica anche tra pubblico e privato.
A questo proposito l’Agenda 2030 diventa un documento fondamentale proprio per la sua visione strategica a lungo termine dove pubblico e privato sono fortemente interconnessi.
Per quanto riguarda più nello specifico il tema dell’uguaglianza di genere, partiamo da un dato. Secondo le Nazioni Unite gli effetti negativi della pandemia, dalla salute all’economia fino alla alla sicurezza sono stati amplificati per donne e ragazze, semplicemente in virtù del loro genere. Il divario di genere nelle retribuzioni è fermo al 16%, con le donne che sono pagate, in alcuni paesi, il 35% in meno rispetto agli uomini e, a livello globale, 740 milioni di donne lavorano nella cosiddetta economia informale e con donne tra i 25 e i 34 anni che hanno il 25% di possibilità in più di vivere in estrema povertà.
Purtroppo, questa è la sintesi della situazione attuale rispetto al goal 5 dell’Agenda. Quindi, a livello locale, è chiaro che c’è molto da fare e molto doveva esser fatto fin dall’inizio, se pensiamo ad esempio al tema del supporto alle famiglie. Dal 4 maggio in Italia ci siamo trovati con molte mamme e molti papà che dovevano rientrare al lavoro; è chiaro che una delle priorità dei singoli Comuni doveva essere quella di affrontare la delicata questione relativa alla cura dei figli e il supporto, direi assolutamente essenziale, alla figura femminile che è stata (lo sappiamo tutti) sovraesposta in quelli che attualmente sono riconosciuti come servizi essenziali in prima linea durante il Covid e quindi la salute, la cura, la presenza nei supermercati e in contesti educativi.
In questa situazione, le donne e i bambini sono stati certamente gli anelli più deboli e di cui si è parlato purtroppo meno. Non possiamo comunque pensare che le famiglie e le donne siano lasciate sole fino a settembre, momento in cui verranno, confidiamo, aperte le scuole. I Comuni perciò hanno un grande compito; abbiamo guardato con ammirazione al Governatore Bonaccini che già più di un mese fa affrontava questo nodo anche sui social. Se non è ancora stato fatto nulla, è necessario lanciare idee per sostenere il welfare soprattutto delle donne lavoratrici.
Ad esempio, nel nostro piccolo, come proposta di minoranza, abbiamo sollecitato l’amministrazione, dove purtroppo ci sono soltanto due donne presenti, di mappare, tramite l’Ufficio scuola del Comune attraverso le piattaforme di comunicazione scuola-genitori, tutte le famiglie chiedendo loro chi avesse necessità di essere sostenuto per badare ai propri figli, individuando proprio i genitori che non sono nella condizione di poter restare a casa.
E contestualmente di chiamare a raccolta immediatamente tutti gli stakeholder, i dirigenti scolastici, l’ULSS, le parrocchie, le cooperative socio-educative, i musei, le associazioni culturali, sportive, gli artisti, tutti insieme per costruire un progetto che potesse abbracciare i mesi estivi in sicurezza, partendo da un’idea di rete, addirittura di villaggio e di comunità educante.
Una provocazione; non possiamo fare in modo che l’hastag #iorestoacasa diventi per le donne una nuova condizione a lungo termine; dobbiamo fare molto affinché ciò non accada.
Altro tema di cui solo accenno è quello che abbiamo affrontato come minoranza in questa settimana, è stato quello connesso al grave episodio di omofobia che ha portato un eco nella stampa nazionale. Abbiamo sentito che ci sono problemi di serie A e problemi di serie B durante il Covid e anche su questo bisogna riflettere; un’amministrazione sensibile deve dimostrare di occuparsi della salute dei propri cittadini, anche di quella psicologica, e di essere in grado di affrontare più temi e problematiche contemporaneamente. Anche su questo ci sarà molto da fare e agire come sul tema della violenza sulle donne.
Anche qui i territori hanno risposto in modo molto diverso, in modo eccellente o in modo scarso, dipende anche qui molto dalla sensibilità e dalle competenze degli amministratori locali. Vorrei sottolineare quindi perché esistono ancora correnti di pensiero che reputano queste tematiche (la donna, la famiglia, la violenza, l’omofobia) come temi meno centrali e noi invece dobbiamo portarli alla luce e fare in modo che diventino assolutamente di primo piano.
In times of normality, in the commitment to govern a city, one always risks being swallowed up within one’s own perimeter of action. It is exhausting for a local administrator to find space to cultivate a wider vision and build relationships of exchange with other cities, generally with the outside world. During the pandemic, however, we learned how connected the world is and, in some ways, much smaller than our perception. If the pandemic, therefore, is not used primarily by local authorities as a springboard for imagining a future of openness, dialogue, innovation, exchange or best practice, we will miss a great opportunity.
This is the time to go further by planning and planning the future of the city with great breath of fresh air, using tools that are already in our possession. The first, the most important is precisely the United Nations Agenda 2030, which provides us with all the elements we need to work towards objectives and not only in the here and now, and even less, let me say, not only to impress the voting public.
It is obvious, therefore, that we can no longer be unprepared on the major issues, we have talked about health, education, the environment, but also poverty and equality. The pandemic has confronted us with limits, but also with prospects that obviously need to be organised, planned and verified by means of cooperation, yes, between bodies, but also by means of synergistic cooperation between the public and private sectors.
In this regard, Agenda 2030 becomes a fundamental document precisely because of its long-term strategic vision where public and private are strongly interlinked.
With regard more specifically to the issue of gender equality, let us start with one thing. According to the United Nations, the negative effects of the pandemic, from health to the economy to security, have been magnified for women and girls, simply because of their gender. The gender pay gap is stuck at 16%, with women being paid 35% less than men in some countries and, globally, 740Â million women work in the so-called informal economy and with women between the ages of 25 and 34 having 25% more chance of living in extreme poverty.
Unfortunately, this is the summary of the current situation in relation to goal 5 of the Agenda. So, at local level, it is clear that there is a lot to be done and a lot had to be done from the beginning, if we think, for example, of the issue of support for families.
Since May 4th in Italy we have found ourselves with many mothers and many fathers who had to return to work; it is clear that one of the priorities of the individual municipalities had to be to address the delicate issue of child care and support, I would say absolutely essential, to the female figure who was (we all know) overexposed in what are currently recognized as essential services in the front line during Covid and therefore health, care, presence in supermarkets and educational contexts.
parishes, socio-educational cooperatives, museums, cultural and sports associations, artists, all together to build a project that could embrace the summer months in safety, starting from an idea of network, even of village and educational community.
A provocation; we cannot make the hastag #iorestoacasa become a new long-term condition for women; we must do much to ensure that this does not happen.
Another issue that we have only mentioned as a minority this week was the serious homophobic episode that has been echoed in the national press. We have heard that there are A-grade problems and B-grade problems during Covid and we need to think about that too; a sensitive administration needs to show that it is concerned about the health of its citizens, including psychological health, and that it is able to deal with several issues and problems at the same time. There will be much to do and act on this as there is on the issue of violence against women.
Here, too, the territories have responded very differently, excellently or poorly, and here too much depends on the sensitivity and competence of local administrators. I would therefore like to stress why there are still currents of thought that consider these issues (women, the family, violence, homophobia) as less central issues and we must bring them to light and make sure that they become absolutely prominent.