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La convenzione di Istanbul è entrata in vigore il 1º ottobre per l’UE. La convenzione è un quadro giuridico completo volto a proteggere le donne da ogni forma di violenza, al fine di prevenire, perseguire ed eliminare la violenza sulle donne e la violenza domestica, e di attuare politiche globali e coordinate.

Essendo l’UE nel suo complesso vincolata dalla convenzione, gli Stati membri dovranno adottare le misure necessarie.

Helena Dalli, Commissaria per l’Uguaglianza, ha dichiarato: “L’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul costituisce un passo importante per l’UE, con cui si riconosce che la violenza sulle donne costituisce una violazione dei diritti umani. Solo quando le donne e le ragazze non vivranno più nell’insicurezza, nella paura e nella violenza quotidiane, vivremo in un’Unione veramente equa e paritaria. L’entrata in vigore storica di oggi è un buon passo nella direzione giusta.”
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Rinnovare la missione democratica e civica dell’istruzione, rafforzare la sua responsabilità sociale e la capacità di risposta, far progredire l’istruzione attraverso una trasformazione digitale basata sui diritti umani: sono questi i tre pilastri della nuova Strategia per l’istruzione 2024-2030 del Consiglio d’Europa, lanciata in occasione della 26a Conferenza dei ministri dell’Istruzione che si è conclusa nei giorni scorsi a Strasburgo.

Le azioni principali della strategia si concentreranno sulla promozione della flessibilità nella progettazione dei curricula e dei programmi, sull’autonomia degli studenti, sullo sviluppo professionale dei professionisti dell’istruzione e sulla governance democratica e partecipativa dei sistemi e degli istituti scolastici. Il benessere degli studenti è essenziale per il loro sviluppo olistico a lungo termine e per il loro successo accademico, grazie a un ambiente favorevole e inclusivo.

I risultati attesi della strategia sono legati allo sviluppo di nuovi strumenti giuridici e politici, di norme di riferimento e di strumenti di sviluppo delle capacità. I governi degli Stati membri promuoveranno l’attuazione della strategia a livello nazionale, regionale e locale, in stretta collaborazione con le parti interessate nel settore dell’istruzione.

I partecipanti alla Conferenza hanno anche adottato importanti risoluzioni che daranno forma alla futura direzione delle politiche del Consiglio d’Europa in materia di istruzione. Le risoluzioni si concentrano sul rinnovo della missione civica dell’istruzione, sulla fornitura di un’istruzione di qualità che sia inclusiva ed equa in tempi di emergenza e di crisi, nonché sullo sfruttamento del potenziale dell’intelligenza artificiale nell’istruzione e attraverso di essa.

In particolare, i ministri hanno concordato di avviare un lavoro preparatorio su una nuova convenzione quadro che codifichi i principi di uno Spazio europeo per l’educazione alla cittadinanza. È stata presentata una versione pilota della risorsa “Strumenti per l’istruzione in tempi di emergenza e di crisi – EDURES” per garantire la resilienza nell’istruzione e si è deciso di sostenerne l’ulteriore sviluppo e la sperimentazione negli Stati membri del Consiglio d’Europa. I ministri hanno inoltre deciso di dichiarare il 2025 l’Anno europeo dell’educazione alla cittadinanza digitale”.
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In occasione della Giornata internazionale della pace, il presidente del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa, Leendert Verbeek, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

“Per più di settant’anni, a partire dalla seconda guerra mondiale, il nostro continente ha lavorato per costruire un’Europa democratica, rispettosa dei diritti umani e dello Stato di diritto, un’Europa unificata, di maggiore cooperazione e, soprattutto, un’Europa di pace.

Questa costruzione è rimasta salda nonostante i conflitti regionali e la guerra nei Balcani, ma ora è gravemente scossa dalla guerra iniziata dalla Russia contro l’Ucraina. Il mondo è diventato più pericoloso da quando questa potenza nucleare ha calpestato tutti i principi della cooperazione internazionale e multilaterale per scegliere la guerra.

Il rispetto dello Stato di diritto e l’adempimento degli obblighi derivanti dal diritto internazionale da parte degli Stati democratici sono il fondamento della pace. La comunità delle nazioni democratiche deve fare tutto ciò che è in suo potere per garantire che in questo conflitto venga rispettato il diritto internazionale, che l’aggressore sia ritenuto responsabile e che sia fatta giustizia alle vittime.

Senza giustizia non può esserci pace duratura.

La pace è l’obiettivo finale verso il quale tutte le società tendono. Rafforzare la resilienza democratica e la sostenibilità delle nostre società può contribuire a ciò.

Le città rappresentano spesso la prima esperienza di democrazia per i cittadini. Possono mettere in atto strategie partecipative e inclusive all’interno delle loro comunità per incoraggiare il contatto diretto e lo scambio, garantire parità di accesso per tutti ai servizi pubblici, combattere la discriminazione e coltivare la volontà politica di risolvere i conflitti e sostenere la pace.

Sulla scena internazionale, la diplomazia cittadina è un elemento essenziale nel promuovere la prevenzione e la risoluzione dei conflitti, nonché la ricostruzione postbellica.

La pace non può mai essere data per scontata. Possono scoppiare nuove guerre, possono emergere nuove minacce alla pace o le situazioni di conflitto esistenti possono peggiorare. Costruire e mantenere la pace sono imprese a lungo termine. Spetta a tutti noi, siano essi politici, a tutti i livelli, o semplici cittadini, lavorare insieme per raggiungerli.”
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La Segretaria generale del Consiglio d’Europa Marija Pejčinović Burić ha ufficialmente lanciato di recente l’invito a presentare le candidature per il Premio Raoul Wallenberg 2024 . Il premio del valore di 10.000 euro viene conferito ogni due anni a una persona, a un gruppo di persone o a un’organizzazione che ha compiuto qualcosa di straordinario nella difesa dei diritti umani o che ha agito con coraggio oltre il semplice dovere.

Il premio prende il nome dal diplomatico svedese Raoul Wallenberg, che sfruttò il suo status a Budapest per salvare decine di migliaia di ebrei ungheresi dall’Olocausto. La sua azione dimostra che il coraggio e le capacità di una persona possono fare davvero la differenza e ispira tutti noi a esprimerci e ad agire contro la persecuzione, la xenofobia e l’antisemitismo. La data limite per la presentazione delle candidature è fissata al 31 ottobre 2023. Il premio verrà conferito a Strasburgo il 17 gennaio 2024 o nei giorni immediatamente precedenti o successivi (Wallenberg venne arrestato il 17 gennaio 1945 dalle forze sovietiche e non fu mai più visto vivo).
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Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C 214 del 16 giugno pubblica Diritti umani e democrazia nel mondo e politica dell’Unione europea in materia — relazione annuale 2022: Risoluzione del Parlamento europeo del 18 gennaio 2023 sui diritti umani e la democrazia nel mondo e sulla politica dell’Unione europea in materia — relazione annuale 2022

Il Parlamento europeo (PE) ribadisce l’universalità e l’indivisibilità dei diritti umani nonché la dignità intrinseca di ciascun essere umano; sottolinea, a tale proposito, il suo forte impegno ad affrontare le sfide riguardanti i diritti umani nell’UE e in tutto il mondo e ribadisce il dovere dell’UE e dei suoi Stati membri di puntare a svolgere un ruolo guida a livello mondiale nella promozione e nella tutela dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della democrazia, conformemente ai valori fondanti dell’Unione. Il PE insiste sul fatto che la tutela dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della dignità di ciascun essere umano deve essere il fondamento della politica esterna dell’Unione; incoraggia vivamente l’Unione, a tal fine, ad adoperarsi in maniera ambiziosa e costante al fine di rendere la tutela dei diritti umani un elemento centrale di tutte le politiche dell’UE in modo razionalizzato e di rafforzare la coerenza tra le politiche interne ed esterne dell’Unione in tale settore.

L’Assemblea di Strasburgo ricorda inoltre che il piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024 dovrebbe essere utilizzato come tabella di marcia per la realizzazione delle priorità dell’UE in materia di diritti umani ed essere pertanto al centro di tutte le politiche esterne dell’Unione; sottolinea l’importanza che gli Stati membri assumano la titolarità del piano d’azione dell’UE e riferiscano pubblicamente in merito alle loro azioni nell’ambito dello stesso; incoraggia i parlamenti nazionali e regionali, le istituzioni nazionali per i diritti umani e le organizzazioni della società civile a dialogare con le autorità a livello di Stati membri per quanto riguarda i loro contributi alla realizzazione della politica esterna dell’UE in materia di diritti umani; chiede al Consiglio di coinvolgere il Parlamento nella revisione e nell’aggiornamento futuri di tutti gli orientamenti dell’UE in materia di diritti umani e che sia garantita una maggiore trasparenza nella loro attuazione.

Il PE esprime profonda preoccupazione per le gravi minacce che gravano sui diritti umani e la democrazia in tutto il mondo, osservando che le democrazie continuano a diminuire mentre aumentano i regimi autoritari, e per il fatto che nell’ultimo anno quasi il 75 % della popolazione mondiale ha visto peggiorare la situazione dei diritti umani nel proprio paese; sottolinea con preoccupazione le gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario che si verificano in un numero crescente di luoghi nel mondo, nonché la diffusa impunità per tali violazioni.

Il Parlamento di Strasburgo tra l’altro deplora il fatto che, malgrado la necessità di concentrarsi sulle risposte alle minacce rappresentate dai cambiamenti climatici e sulla ripresa dalle ripercussioni negative della pandemia di COVID-19 attraverso la solidarietà mondiale, alcuni leader autoritari, oltre ad aver gestito in modo inadeguato le risorse globali e post-pandemia, abbiano intensificato la loro repressione nei confronti dell’opposizione politica, del dissenso, dei difensori dei diritti umani, delle organizzazioni della società civile, comprese le organizzazioni di tipo partecipativo e quelle di ispirazione confessionale e religiosa, e dei media indipendenti, nonché alimentato e ampliato conflitti interni e internazionali esistenti e ne abbiano scatenati di nuovi, con conseguenze devastanti per i diritti umani; deplora i diversi casi in cui i leader autoritari hanno utilizzato le conseguenze della pandemia quali pretesti per giustificare l’inasprimento delle loro politiche repressive.

LA RISOLUZIONE COMPLETA IN ITALIANO (PDF)
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Il Parlamento europeo (PE) ha adottato nei giorni scorsi la sua posizione sulle norme sulla cosiddetta “due diligence” per integrare il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente nella governance delle imprese.

Secondo la posizione negoziale del PE, le aziende saranno tenute a identificare e, se necessario, prevenire, porre fine o mitigare, l’impatto negativo che le loro attività hanno su diritti umani e ambiente, come il lavoro minorile, la schiavitù, lo sfruttamento del lavoro, l’inquinamento, il degrado ambientale e la perdita di biodiversità. Inoltre, dovranno monitorare e valutare l’impatto sui diritti umani e sull’ambiente dei loro partner della catena del valore, compresi i fornitori, la vendita, la distribuzione, il trasporto, lo stoccaggio, la gestione dei rifiuti e altre aree.

Le norme interesseranno le imprese UE con più di 250 dipendenti e un fatturato superiore a 40 milioni di euro, indipendentemente dal loro settore d’appartenenza, e le società “madri” con più di 500 dipendenti e un fatturato superiore a 150 milioni di euro. Saranno incluse anche società con sede fuori dall’UE aventi un fatturato superiore a 150 milioni di euro, se hanno generato almeno 40 milioni di euro con business all’interno dell’UE.

Le società dovranno attuare un piano di transizione verde per mantenere il riscaldamento globale entro il limite di 1,5°. Inoltre, nel caso di grandi società con oltre 1.000 dipendenti, il raggiungimento degli obiettivi del piano avrà un impatto sulla remunerazione variabile degli amministratori, come i bonus.

Le nuove norme prevedono anche che le imprese collaborino e sostengano le persone colpite dalle loro azioni, compresi gli attivisti per i diritti umani e l’ambiente, introducano un meccanismo di reclamo e controllino regolarmente l’efficacia della loro politica di diligenza dovuta. Per facilitare l’accesso degli investitori, le informazioni sulla politica della diligenza dovuta di una società dovrebbero essere disponibili anche sul Punto unico di accesso europeo (ESAP).

Le società che non rispetteranno le regole saranno responsabili degli eventuali danni e potranno essere sanzionate dalle autorità di vigilanza nazionali. Le sanzioni comprendono misure quali il “naming and shaming” (pubblicazione dei nomi degli inadempienti), il ritiro dal mercato dei prodotti dell’azienda o ammende pari ad almeno il 5% del fatturato netto globale. Le aziende extra-UE che non rispettano le regole saranno escluse dagli appalti pubblici UE.

Secondo il testo adottato, i nuovi obblighi si applicheranno dopo 3 o 4 anni, a seconda delle dimensioni. Le imprese più piccole potranno ritardare l’attuazione delle nuove direttive di un ulteriore anno.

Il Parlamento ha chiesto già nel passato norme per una maggiore responsabilità alle imprese e una legislazione obbligatoria in materia di “diligenza dovuta”. La proposta della Commissione è stata presentata il 23 febbraio 2022 e integra vari atti legislativi in vigore e in corso di approvazione, come i regolamenti sulla deforestazione e sui “minerali dei conflitti” e il progetto di regolamento che vieta i prodotti realizzati attraverso il lavoro forzato.

Ora che il Parlamento ha adottato la sua posizione, i negoziati con i Paesi EU sul testo finale della legislazione possono iniziare. I Paesi UE hanno adottato la loro posizione sulla proposta di direttiva nel novembre 2022.

Adottando questa legislazione, il Parlamento risponde alle aspettative dei cittadini in ambito di consumo sostenibile, come espresso nella proposta 5(13), commercio etico, come dichiarato nelle proposte 19(2) e 19(3), e crescita sostenibile, come riportato nelle proposte 11(1) e 11(8) delle conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa.
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Il presidente del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) Oliver Röpke ha partecipato recentemente al Forum sociale di Porto, insieme al primo ministro portoghese Antonio Costa, al commissario europeo Nicolas Schmit, al vicepresidente del Parlamento europeo Pedro Silva Pereira e al ministro del lavoro portoghese, Ana Mendes Godinho.

Nel suo discorso di apertura, il presidente Röpke ha ribadito l’importanza della politica sociale europea incentrata sul benessere delle persone e sui loro diritti. Ha sottolineato che il modello sociale dell’UE è il nuovo standard europeo, che può fungere da importante leva geopolitica, guidando il cambiamento anche oltre i confini dell’UE, ad esempio nei paesi candidati all’adesione.

Il Presidente ha inoltre discusso della posizione del CESE e del ruolo della società civile nella promozione dei diritti dell’infanzia e nella lotta alla povertà infantile, durante la colazione di dibattito con i ministri del Lavoro e degli Affari sociali degli Stati membri dell’UE e dei paesi candidati.

Al termine della conferenza è stata firmata una Lettera Aperta da 37 leader europei, rinnovando gli impegni del Vertice sociale di Porto per il 2030, prevedendo l’accelerazione del target per la Garanzia europea per l’infanzia, nonché nelle dimensioni delle competenze e delle qualifiche nel mondo della doppia transizione (digitale e ambientale).

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In una Raccomandazione sui diritti umani e sulla protezione dell’ambiente, il Consiglio d’Europa chiede ai suoi 46 Stati membri di considerare attivamente il riconoscimento, a livello nazionale, del diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile come diritto umano.

Considerando che misure per affrontare la triplice sfida planetaria del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento sono essenziali per un migliore godimento dei diritti umani, il Comitato dei Ministri pone in evidenza il maggiore riconoscimento di una forma di diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile negli strumenti giuridici internazionali (compresi gli strumenti sui diritti umani regionali) e nelle costituzioni, legislazioni e politiche nazionali.

Secondo il Comitato, nell’attuazione di questa Raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero assicurare il rispetto di una serie di principi: i principi generali del diritto ambientale internazionale, come il principio del non nuocere, il principio della prevenzione, il principio della precauzione e il principio “chi inquina paga”, la necessità di uguaglianza intergenerazionale, il principio di non discriminazione, l’accesso senza discriminazione alle informazioni e alla giustizia per questioni legate all’ambiente, la partecipazione al processo decisionale in materia ambientale e l’educazione all’ambiente.

Il Comitato esprime inoltre preoccupazione per l’effetto sproporzionato che potrebbe avere il degrado ambientale e chiede agli Stati membri di prendere misure adeguate per proteggere i diritti delle persone più vulnerabili o più a rischio di fronte a danni ambientali.

Inoltre, la Raccomandazione sottolinea l’importanza per i governi di cooperare con le entità subnazionali, la società civile, le istituzioni nazionali per i diritti umani, le istituzioni regionali per la protezione e la promozione dei diritti umani, i difensori dei diritti umani ambientali, gli attori economici, gli autoctoni e le comunità locali, le città e le regioni.

Infine, gli Stati membri sono invitati a chiedere alle imprese commerciali di agire in conformità alle loro responsabilità per i diritti umani in relazione all’ambiente.

Contesto La Risoluzione 48/13 dell’8 ottobre 2021 del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha riconosciuto il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile come diritto umano.

L’impegno di lunga data del Consiglio d’Europa per la protezione dell’ambiente ha portato all’adozione della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa (“Convenzione di Berna”), della Convenzione sulla responsabilità civile dei danni derivanti da attività pericolose per l’ambiente.

Il Manuale sui diritti umani e l’ambiente del Consiglio d’Europa contiene i principi che emergono dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e dalle decisioni e conclusioni del Comitato europeo dei diritti sociali
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Maggiori informazioni:

Raccomandazione CM/Rec(2022)20 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sui diritti umani e la tutela ambientale

Relazione illustrativa della Raccomandazione
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