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Nel 2022, nell’UE sono perite in incidenti stradali 20 600 persone, un aumento del 3 % rispetto al 2021, poiché i livelli di traffico sono tornati a salire dopo la pandemia. Motivo sufficiente affinché gli auditor della Corte avviassero un audit sulla sicurezza stradale, volto a verificare se l’UE sembri in grado di raggiungere i propri obiettivi, ossia dimezzare il numero di morti e feriti gravi entro il 2030 e ridurlo a quasi zero entro il 2050.

Nel 2001, vi sono state 51 400 morti in seguito ad incidente stradale nell’UE. Da allora, la Commissione europea ha fissato valori-obiettivo volti a migliorare la sicurezza stradale nell’UE. L’obiettivo dell’UE e dell’ONU è di dimezzare il numero di morti dovute ad incidenti stradali entro il 2030, mantenendolo al di sotto delle 11 400 vittime l’anno. In prospettiva, l’UE sta operando per raggiungere l’obiettivo “zero vittime” (quasi nessun morto o ferito grave) entro il 2050.

Al fine di raggiungere detti obiettivi, la Commissione europea ha istituito un quadro comune per la sicurezza stradale nel periodo 2021 2030, basato sull’approccio del “sistema sicuro”. Detto quadro comprende misure quali strade e cigli stradali sicuri, veicoli sicuri, più sostegno finanziario e comportamento degli utenti sicuro.

Gli auditor della Corte controlleranno se la Commissione europea abbia messo in atto misure idonee a raggiungere gli obiettivi dell’UE in materia di sicurezza stradale. Esamineranno inoltre le procedure di progettazione e selezione dei progetti infrastrutturali finanziati dall’UE che si occupano di sicurezza stradale, al fine di verificare se questi ottimizzino il rispettivo contributo agli obiettivi di sicurezza stradale dell’UE.

Nel 2022, la media UE è stata di 46 morti per incidente stradale per milione di abitanti. Tuttavia, i passi avanti sono stati molto disomogenei tra uno Stato membro e l’altro, con cifre che vanno dai 21 agli 86 morti per milione di abitanti.
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La Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C115 del 30 marzo pubblica l’avviso della Relazione speciale 08/2023 della Corte dei Conti europea «Trasporto intermodale delle merci – Il cammino dell’UE verso la riduzione del trasporto merci su strada è ancora lungo»

Il trasporto intermodale delle merci consiste nel trasportare merci in un’unica unità di carico (come un container) combinando più modi di trasporto: stradale, ferroviario, per vie navigabili o aereo, scrive la Corte. Può ottimizzare i punti di forza intrinseci di ciascun modo di trasporto in termini di flessibilità, velocità, costi e prestazioni ambientali. Per il periodo 2014-2020 i finanziamenti dell’UE destinati a progetti a sostegno dell’intermodalità sono ammontati a circa 1,1 miliardi di euro.

La Commissione europea, prosegue la Corte, fissa valori-obiettivo a livello UE relativi all’incremento dell’uso della ferrovia e delle vie navigabili interne, che erano tuttavia irrealistici e non allineati ai valori stabiliti dagli Stati membri stessi. Nel complesso, la Corte ha concluso che il trasporto intermodale delle merci non può ancora competere alla pari con il trasporto su strada a causa di ostacoli normativi e infrastrutturali. La Corte formula una serie di raccomandazioni per migliorare l’efficacia del sostegno dell’UE in tale settore.

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La Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C114 del 29 marzo pubblica l’avviso della Relazione speciale 07/2023 «Il dispositivo per la ripresa e la resilienza e il sistema di controllo concepito per la Commissione – Il nuovo modello di erogazione continua a presentare lacune a livello dell’UE in termini di garanzie offerte e obbligo di rendiconto, nonostante l’entità del lavoro previsto»

Con una dotazione di 723,8 miliardi di euro (a prezzi correnti), scrive la Corte, il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility – RRF) rappresenta il principale strumento di finanziamento dell’UE volto ad attenuare l’impatto della pandemia di COVID-19.

La Corte ha esaminato il sistema di controllo della Commissione concepito per l’RRF al fine di valutare in che modo esso consenta di accertare che i traguardi e gli obiettivi siano conseguiti in maniera soddisfacente e gli interessi finanziari dell’Unione tutelati.

La Corte ha rilevato che, in tempi relativamente brevi, la Commissione ha elaborato un sistema di controllo che prevede un ampio processo di verifica del conseguimento dei traguardi e degli obiettivi.

Tuttavia, a livello dell’UE permane una lacuna in termini di garanzie offerte e di obbligo di rendiconto per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione. La Corte raccomanda alla Commissione di individuare misure intese a colmare tale lacuna nonché di elaborare orientamenti relativi alle rettifiche e all’annullamento di misure connesse a traguardi e obiettivi già conseguiti.

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I conflitti di interessi sono irregolarità che incidono sul bilancio dell’UE e si verificano quando l’esercizio imparziale e obiettivo delle funzioni di chi partecipa alla gestione del bilancio dell’UE è compromesso da motivi familiari, affettivi, da affinità politica o nazionale, da interesse economico o da qualsiasi altro interesse personale, precisa in una nota la Corte dei conti europea.

La Corte ha verificato se la questione dei conflitti di interessi sia stata adeguatamente affrontata nella politica agricola e in quella di coesione. La Corte conclude che la Commissione e gli Stati membri dispongono di quadri di prevenzione e gestione dei conflitti di interessi, ma rimangono lacune nella promozione della trasparenza e nell’individuazione delle situazioni di rischio.

La Corte raccomanda alla Commissione di adottare misure volte a migliorare la capacità di prevenzione, individuazione e segnalazione dei conflitti di interessi, nonché a promuovere la trasparenza.

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La Gazzetta ufficiale C80 del 3 marzo pubblica l’avviso della pubblicazione della relazione speciale della Corte dei conti europea intitolata: «Il paesaggio finanziario dell’UE – Un coacervo di elementi eterogenei che richiede un’ulteriore semplificazione e una migliore rendicontabilità».

Il paesaggio finanziario dell’UE si è evoluto nel tempo, scrive la Corte. L’elemento centrale è costituito dal bilancio dell’UE, con i vari strumenti che ne fanno parte. Conta però anche vari strumenti fuori bilancio, che si sono moltiplicati negli anni recenti.

L’audit della Corte passa al vaglio la concezione dei meccanismi attuali e individua potenziali margini di semplificazione e razionalizzazione del paesaggio finanziario dell’UE.

La Corte conclude che, sebbene la costituzione di strumenti fuori bilancio fosse giustificata, l’approccio frammentario con cui si è formato il paesaggio finanziario dell’UE ha creato un agglomerato eterogeneo, nel quale non è pienamente assicurata la rendicontabilità pubblica.

Le raccomandazioni della Corte mirano ad assicurare un’adeguata valutazione a monte per tutti i nuovi strumenti proposti, a consolidare il paesaggio finanziario dell’UE e a migliorarne la rendicontabilità.

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La Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C41 del 3 febbraio pubblica l’avviso della Relazione speciale della Corte dei Conti europea su «Rispondere alla COVID-19 adattando le norme sulla politica di coesione –I fondi sono stati usati con più flessibilità, ma occorre riflettere sulla politica di coesione quale strumento di risposta alle crisi»

La Corte ha esaminato in che modo la Commissione abbia adattato la normativa per offrire maggiore flessibilità agli Stati membri nell’usare i fondi della politica di coesione del periodo 2014-2020 in risposta alla pandemia di COVID-19.

Ha constatato che la Commissione ha reagito con prontezza e adattato in maniera soddisfacente la normativa, agevolando la ridistribuzione delle risorse esistenti in circostanze di grave crisi economica.

Le ingenti nuove risorse apportate hanno consentito agli Stati membri di finanziare ulteriori investimenti, ma hanno anche accresciuto la spinta a spendere i fondi in maniera adeguata.

La Corte raccomanda alla Commissione di analizzare l’impatto che l’uso dei finanziamenti destinati alla coesione per fronteggiare le crisi esercita sugli obiettivi a lungo termine della politica afferente, nonché di monitorare la spesa degli Stati membri per aiutarli a conseguire i valori-obiettivo di performance.

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La Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C39 del 1 febbraio pubblica l’avviso della pubblicazione della relazione speciale della Corte dei conti europea intitolata: «Integrazione del mercato interno dell’energia elettrica – Assetto giuridico complesso, ritardi, debolezze nella governance e vigilanza del mercato incompleta mettono a rischio il pieno conseguimento dell’ambizioso obiettivo».

​​La creazione di un mercato interno dell’energia elettrica pienamente integrato ha avuto inizio nel 1996 e la sua realizzazione diventa sempre più urgente a causa delle crisi dell’energia e dell’aumento del costo della vita a cui i cittadini dell’UE devono attualmente far fronte.

La Corte ha valutato se l’approccio di regolamentazione della Commissione europea e la vigilanza dell’Agenzia europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (Agency for the Co-operation of Energy ​Regulators, ACER) abbiano contribuito a completare l’integrazione e ad agevolare il buon funzionamento del mercato interno dell’elettricità dell’UE.

Benché alcuni risultati significativi siano stati ottenuti negli ultimi dieci anni, i progressi dell’integrazione del mercato dell’energia elettrica sono stati lenti e disomogenei in tutti i segmenti di mercato e nelle diverse regioni dell’UE. A sette anni dalla scadenza iniziale fissata dal Consiglio per il 2014, nessuno degli orientamenti vincolanti di regolamentazione era stato pienamente attuato e diversi ritardi si erano accumulati, principalmente a causa della complessità dell’assetto giuridico e delle debolezze nel quadro di governance dell’UE.

L’ACER non ha l’autorità per imporre un’applicazione uniforme delle norme a livello nazionale e la vigilanza del mercato è ancora incompleta, due fattori che hanno portato a un numero limitato di sanzioni comminate.

La Corte raccomanda alla Commissione europea di semplificare il quadro di regolamentazione e di attuazione, nonché di rafforzare la governance dell’ACER. L’ACER dovrebbe potenziare le attività di vigilanza, migliorare la trasparenza e rendere meglio conto del proprio operato.

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La Corte dei conti europea rende noto di aver iniziato a valutare se la Commissione europea abbia agito in modo efficace nel proteggere gli interessi finanziari dell’UE dalle violazioni dello Stato di diritto negli Stati membri. Gli auditor della Corte analizzeranno le misure adottate dalla Commissione per far sì che i paesi ricevano i finanziamenti dalle casse dell’UE solo se rispettano lo Stato di diritto. L’audit sarà incentrato sui finanziamenti a titolo della politica di coesione dell’UE e della ripresa dalla pandemia di COVID-19.

ANTEPRIMA DELL’AUDIT

IL COMUNICATO DELLA CORTE
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