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Parità di genere, CEMR: “tradurre efficacemente parole in azioni”

Claudia Schöning-Kalender, presidente del comitato permanente per l’uguaglianza del CEMR, ha invitato le istituzioni dell’UE a “tradurre efficacemente le parole in azioni” sull’uguaglianza di genere. Lo rende noto il sito del CEMR.

Le donne hanno un posto di rilievo nella mitologia greca come eroine, dee e guerriere. La realtà per loro nell’antica Grecia era che avevano pochi diritti ed erano in gran parte privati ​​della voce politica e del libero arbitrio. Questa incongruenza non impedisce che l’antica Atene sia spesso citata come la culla delle società democratiche nonostante la mancanza di pari diritti e rappresentanza per metà della sua popolazione. Nel corso della storia le donne sono state considerate cittadine di seconda classe e persino negate la loro umanità.

I tempi sono cambiati dall’antica Grecia, ma sarebbe sbagliato pensare che lo sviluppo per il meglio sia diretto o lineare. L’Europa ha attraversato guerre terribili e il progresso è spesso punteggiato da battute d’arresto nella vita sociale e politica. Questo è tristemente vero anche per i diritti delle donne.

Nel corso della storia, assistiamo anche al fatto che non c’è uno sviluppo unico in tutti gli stati nazionali. Date un’occhiata alla Svizzera: verso la fine dell’Ottocento era il paese in cui le donne ambiziose andavano a studiare ea conseguire titoli universitari. Nonostante sia un rifugio sicuro per le donne in cerca di conoscenza, il pieno suffragio femminile è stato concesso in Svizzera solo nel 1971. Quasi 80 anni dopo la Nuova Zelanda, 65 anni dopo la Finlandia e 50 anni dopo molti degli attuali Stati membri dell’UE.

Guardare la storia aiuta a capire che lo sviluppo dei diritti delle donne nei nostri paesi europei non segue una semplice logica di miglioramento sempre in termini di maggiore accettazione e maggiore parità di diritti. Succede in alcuni campi e non in altri. E questo non vale solo per la storia della Svizzera, ma per tutti i paesi europei.

Abbiamo percorso una strada lunga e di successo in molti paesi in termini di parità di diritti tra uomini e donne in Europa, compresi i diritti politici. Ma è solo di recente che la disparità tra donne e uomini nel processo decisionale è diventata una sfida alla democrazia. Al termine della prima conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne in Messico nel 1975, un piano d’azione allora adottato affermava che la maggiore ed equa partecipazione delle donne a tutti i livelli del processo decisionale avrebbe accelerato lo sviluppo e favorito la pace.

La comunità internazionale ha impiegato altri 20 anni per affermare il fatto che i diritti delle donne erano parte integrante dei diritti umani e per promuovere di conseguenza azioni specifiche per garantire il rispetto di tali diritti. Ciò è stato fatto nel 1995 alla 4a conferenza mondiale sulle donne tenutasi a Pechino.

Due decenni dopo, gli Stati membri delle Nazioni Unite si sono impegnati a raggiungere l’Obiettivo di sviluppo sostenibile 5 “Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze”, un obiettivo dedicato tra i 17 SDG da raggiungere entro il 2030, nonché un filo conduttore trasversale alla base di tutti questi Obiettivi.

Sfortunatamente, le sfide e le catastrofi mettono a rischio l’uguaglianza e i diritti umani. In situazioni di disastro e di guerra, come l’attuale guerra in Ucraina o i recenti devastanti terremoti in Siria e in Turchia, l’onere di far continuare la vita ricade in modo preponderante sulle donne. Sono principalmente loro che proteggono e nutrono le loro famiglie, servendo le loro comunità. Com’è allora che sono così facilmente trascurati, abbandonati e maltrattati, in tali circostanze?

Allo sfruttamento e alla violenza sessuale perpetrati contro le donne in situazioni di crisi e di conflitto si aggiunge un’incredibile mancanza di consapevolezza dei loro bisogni igienici, riproduttivi e di assistenza all’infanzia. Per affrontare queste sfide in modo efficace e sostenibile, è imperativo che le voci delle donne siano ascoltate e che le donne abbiano un posto paritario al tavolo. Sono loro che sanno qual è la posta in gioco e che possono tracciare la giusta rotta verso la sicurezza, la pace e la prosperità. Questo non vuol dire che l’onere di rimediare ai torti del mondo ricada sulle spalle delle donne, ma che non possiamo continuare come abbiamo fatto per così tanto tempo, trascurando l’esperienza, la competenza e il potenziale del 50% della popolazione.

La mia domanda è: come può essere che nell’Unione europea, dove nove persone su dieci pensano che la promozione dell’uguaglianza di genere sia importante per garantire una società equa e democratica (Special Eurobarometer 465, 2017), non si traduca in modo più efficace in azioni?

In qualità di eletti locali, chiediamo la rapida adozione dell’attuale proposta di Direttiva contro la violenza di genere , decisiva per le donne europee, ma anche per quelle che fuggono da guerre e disastri e trovano rifugio nei nostri comuni.



Contiamo anche sul fatto che gli eurodeputati abbraccino questi temi nella loro prossima strategia innovativa di aiuto umanitario, a seguito del nuovo capitolo 39 della Carta europea del CCRE per l’uguaglianza di donne e uomini nella vita locale.

Come dimostrano innumerevoli articoli di cronaca e noi cittadini ne siamo testimoni, non importa se una donna è ricca o povera, lesbica o etero, non disabile o disabile, giovane o anziana, cis o trans, semplicemente vista come o percepita come una donna espone a discriminazioni o viene trattata come meno che umana. Porre fine a tutto questo è un dovere primario dei governi europei e delle organizzazioni della società civile che fanno riferimento a qualsiasi tradizione democratica in Europa. Atena o Afrodite fanno forse parte di un passato leggendario, ma in tutto il mondo le loro battaglie non sono un mito.


LA CARTA EUROPEA SULL’UGUAGLIANZA SUL SITO AICCRE

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