Covid-19, Gottardi (Aiccre), cooperazione internazionale: “coinvolgere anche i piccoli e medi centri”

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ASSEMBLEA SOCI Federazione AICCRE Lazio

Il 3 ottobre 2024, presso la Sala Consiliare della Città Metropolitana di Roma Capitale, situata in Via IV Novembre 119/a, ROMA, si terrà l’assemblea dei soci della Federazione AICCRE Lazio.

l’Osservatorio per la cooperazione decentralizzata EU-LA e
l’Alleanza euro- latinoamericana per la cooperazione tra le città AL-LA hanno organizzato una serie di webinar per evidenziare l’azione
internazionale dei governi locali, in particolare nella cooperazione decentralizzata.
“Questo
può essere fondamentale”, scrivono gli organizzatori, “a causa della sua natura di generare dibattito e condividere
esperienze tra i governi locali e regionali nel contesto delle strategie locali, elementi di
grande importanza di fronte allo scenario incerto causato dalla pandemia da Covid-19”.Ogni seminario avrà un gruppo di rappresentanti dei governi locali e
regionali ed esperti che, a seconda dell’argomento da affrontare,
presenteranno la loro visione ed esperienza.

Il 30 aprile si è svolto il primo webinar “L’impatto di COVID-19 sui governi locali di Europa e America
Latina e le sue principali misure di contenimento”
, al quale è stata invitata anche l’AICCRE. per l’Associazione hanno partecipato Carla Rey, Segretario generale, e Belinda Gottardi, Sindaco di Castel Maggiore. Tra gli altri ospiti, rappresentanti di enti locali dell’America Latina e della Spagna.

L’intervento integrale di Belinda Gottardi

Sono Belinda Gottardi sindaca di Castel Maggiore, 19.000 abitanti, provincia di Bologna, Emilia
Romagna, una delle regioni più colpite dal Covid 19.
Noi stiamo vivendo una situazione che fino a poche settimane fa ci sarebbe sembrata la trama di un
film di fantascienza.
In gennaio abbiamo seguito le vicende di Wuhan, poi i due cittadini cinesi positivi ricoverati a
Roma, il paziente 1 nell’ospedale di Codogno, in Lombardia. Da quel momento è stato un
crescendo e i contagi sono aumentati di giorno in giorno.
A inizio marzo sono state chiuse le scuole, sospese le manifestazioni e gli intrattenimenti, imposto il
distanziamento sociale e il lavoro agile, dall’8 marzo istituite zone rosse e disposte ulteriori
chiusure, dall’11 marzo chiusi ristoranti e pubblici esercizi, e dal 22 marzo disposto il cosiddetto
lockdown, con chiusura di molte aziende, obbligo di rimanere all’interno del proprio comune,
divieto di uscire di casa, salvo per esigenze di particolare importanza. Dal prossimo 4 maggio è
previsto l’avvio della fase 2, con riapertura di alcune aziende e negozi, possibilità di muoversi
all’interno della regione, fare attività fisica individuale. Il ritorno a una sorta di normalità si potrà
forse avere dal prossimo primo giugno, con la ipotizzata riapertura di bar e ristoranti, sempre che
non ci sia un nuovo aggravamento della situazione.
Ho illustrato sinteticamente alcune delle disposizioni del governo, perché gli atti normativi sono
stati molti di più ma mi occorrerebbe troppo tempo per illustrarli tutti.
In Italia le competenze in campo sanitario sono suddivise tra Stato e regioni e siccome ci sono stati
disaccordi sui provvedimenti da prendere, è accaduto che alle norme nazionali si siano aggiunti
provvedimenti delle regioni a volte in contrasto e comunque contenenti disposizioni diverse o
aggiuntive.

I comuni sono l’ultimo anello della catena, è sui comuni che ricadono gli effetti finali dei
provvedimenti, i rapporti con i cittadini che quando non capiscono chiedono al sindaco, i controlli.
Ci siamo spesso trovati in difficoltà nella interpretazione delle norme, perché da fine febbraio, oltre
ai decreti del presidente del consiglio dei ministri, abbiamo dovuto leggere, comprendere,
interpretare, spiegare e applicare ordinanze del presidente della regione, circolari ministeriali e
ordinanze di singoli sindaci, disposizioni del Prefetto, faq del governo e a volte anche post dei
ministri pubblicati su Facebook.
Le norme sono state interpretate diversamente dai sindaci, per
esempio sulle chiusure dei cimiteri, dei negozi di fiori, delle aree sgambamento cani, degli orti o dei
centri di raccolta rifiuti.
Vi assicuro che non è stato facile.

Venendo al nostro livello, ogni comune ha il suo piano di protezione civile ma ogni emergenza è
diversa da quella precedente e ogni volta bisogna reinventare il modello organizzativo e le modalità
di gestione di quella specifica emergenza. La dimensione nazionale della pandemia e la scarsa
considerazione rivolta agli enti locali ha reso più complicato il nostro lavoro, mentre per i cittadini i
Sindaci rimangono i primi interlocutori.
Il virus ci ha colti impreparati, anche noi che viviamo in una regione efficiente e con un sistema
sanitario all’avanguardia, come l’Emilia Romagna.
Nella fase iniziale c’è stata molta confusione: non ci venivano trasmessi i dati, apprendevamo delle
decisioni di governo e regione dalle conferenze stampa, i casi positivi ci venivano comunicati dai
parenti, il servizio sanitario non ci rispondeva e noi non sapevamo come aiutare e rispondere ai
cittadini. Poi il servizio sanitario è riuscito a organizzarsi e a trasmetterci quotidianamente il report
con i nominativi e i numeri di telefono delle persone in quarantena.

A Castel Maggiore il primo cittadino positivo mi è stato comunicato ufficialmente il 13 marzo, il
20 marzo ne avevo 4, il 27 erano saliti a 26, il 4 aprile 44, l’11 aprile 56. oggi sono 67. 7 sono
deceduti, 30 sono guariti. L’andamento di castel maggiore è leggermente più basso rispetto a quello
bolognese.
Ai comuni è stata affidata l’attività di assistenza alla popolazione. Ci siamo presi cura sia delle
persone più fragili, perché anziane o malate, che più delle altre dovevano rimanere protette nel loro
domicilio, e delle persone in quarantena, che non potevano muoversi di casa.
Abbiamo costituito una sorta di task force con assessori e tecnici comunali e abbiamo raccolto un
centinaio di volontari attraverso un appello sui social network.
Oltre ai volontari singoli abbiamo potuto contare sulla Organizzazione di volontari della Protezione
civile e sulla Croce Italia, una associazione di volontariato sanitario.
Con queste persone abbiamo organizzato un servizio di consegna della spesa e dei farmaci a
domicilio, distribuito omaggi pasquali come la colomba per gli anziani e l’uovo di pasqua per i
bambini più in difficoltà. Sempre i volontari hanno distribuito i compiti a casa per i bambini senza
supporto informatico, le mascherine per gli ultrasessantacinquenni e successivamente per tutti i
cittadini.
Con il gestore del servizio di raccolta dei rifiuti abbiamo organizzato la consegna dei sacchi a
domicilio e per le persone in quarantena una raccolta più frequente e con ritiro al piano.
Oltre a questi servizi abbiamo attivato un supporto psicologico e uno sportello pedagogico
telefonico. L’organizzazione è stata predisposta dalla amministrazione comunale.
Un problema è che ai tavoli di gestione della crisi partecipano i sindaci delle grandi città e i
provvedimenti sono disegnati sui grandi centri urbani e spesso difficilmente adattabili alle
caratteristiche dei piccoli centri.
Per esempio quando si parla di chiusura dei parchi, si ha in mente
un tipico parco di una grande città, circondato da una cancellata, per chiudere il quale è sufficiente
una catena e un giro di chiave, ma nei nostri paesi i parchi sono grandi e aperti e la loro chiusura è
impossibile. Quando si dispone che l’attività motoria può essere fatta in prossimità di casa non si
tiene conto che nei piccoli centri significa costringere le persone a muoversi in mezzo a palazzi
densamente abitati, mentre se si allontanassero qualche centinaio di metri in più si troverebbero in
mezzo alla campagna, sicuramente in maggiore sicurezza.
Ora stiamo per ripartire ma abbiamo ancora grandi incognite e problemi da risolvere. Alcuni molto
pratici. Per esempio il 4 maggio molte persone torneranno al lavoro ma le scuole rimarranno chiuse,
quindi si pone il tema di dove lasciare i bambini, evitando di mettere in pericolo i nonni, se ci sono
oppure di spendere tutto lo stipendio per la baby sitter.

Non è chiaro se si potranno organizzare i centri estivi e sono chiusi anche i centri per gli anziani.
Le attività che pian piano apriranno dovranno rispettare nuove normative di sicurezza che non per
tutti sono possibili e sostenibili. Noi stiamo pensando a piani di sostegno per tutte le categorie,
consapevoli che anche per i comuni si porrà un tema di sostenibilità economica ed equilibrio dei
bilanci.
Abbiamo previsto il posticipo dei tributi comunali, confermato gli eventi culturali, sia per sostenere
i lavoratori dello spettacolo, sia per richiamare persone attorno alle attività locali, stiamo esentando
dalla imposte i bar e i ristoranti che intendano allestire un dehor per consentire il distanziamento tra
i loro clienti.
Stiamo pensando a contributi per l’acquisto di biciclette per coloro che vogliono un mezzo
sostenibile sotto il profilo ambientale e che per ora devono rinunciare al trasporto pubblico.
Dovremo però anche trovare nuovi strumenti e nuove idee per soddisfare i bisogni della società che
ci troveremo davanti dopo il lockdown e che pensiamo sarà profondamente cambiata. Lo sarà
sicuramente sotto il profilo economico, ma ci troveremo anche una società provata
psicologicamente ed emotivamente.

Anche i nostri servizi andranno ripensati e riprogettati, sia per adeguarli alle nuove esigenze dei
cittadini, sia per portare avanti gli stimoli derivati dalla gestione della emergenza.
In queste settimane abbiamo sperimentato lo smart work, una maggiore flessibilità di tempi, orari e
modalità, implementato i servizi on line, le teleconferenze. Questo ci ha consentito di lavorare in
sicurezza e oggi è un obbligo e una necessità, ma da domani può diventare una opportunità.
Nella gestione della emergenza abbiamo trovato conforto nella rete dei sindaci, tenuta insieme dalla
tecnologia e dalle chat di Whatsapp.
Abbiamo potuto trovare appoggio, confronto e conforto, ma
anche stimoli, suggerimenti e idee.

Adesso si apre una nuova sfida, ripensare e riprogettare i servizi, le città e le comunità dopo il
coronavirus.
La diffusione di questo virus ci ha dimostrato quanto siamo connessi e quanto il nostro
scenario di riferimento sia più ampio della nostra comunità.
Le relazioni ci servono per crescere e
condividere le esperienze.
Fino ad oggi le nostre comunità locali non sono state coinvolte nelle
relazioni e nella cooperazione internazionale, delle quali si occupano le grandi città, ma credo che il
coinvolgimento dei piccoli e medi centri, dove vive la grande maggioranza delle persone, sia il vero
orizzonte istituzionale politico verso il quale andare.

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