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Corte dei Conti: la spesa dell’UE continua ad essere inficiata da errori!

La Corte dei conti europea esorta ad attuare una sana gestione finanziaria dei fondi disponibili in risposta alla crisi COVID

La Corte dei conti europea informa attraverso la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C 439 del 9 ottobre che è stata pubblicata la relazione speciale n. 24/2021 dal titolo «Il finanziamento basato sulla performance nella politica di coesione: gli obiettivi perseguiti sono ambiziosi, ma il suo utilizzo nel periodo 2014-2020 ha continuato ad incontrare ostacoli».

​​I conti dell’UE per l’esercizio finanziario 2020, si legge nella relazione, forniscono una “immagine fedele e veritiera” della situazione finanziaria e le entrate sono ritenute prive di errore, mentre i pagamenti restano inficiati da troppi errori

Per il secondo anno di seguito, la Corte ha espresso un giudizio negativo sulla spesa. Ha inoltre individuato rischi e sfide relative all’attuazione e alla sana gestione finanziaria dei fondi UE messi a disposizione in risposta alla crisi provocata dal coronavirus.​

La Corte ha riscontrato che il livello complessivo delle irregolarità nelle spese dell’UE è rimasto stabile, al 2,7 % per il 2020 (stessa percentuale del 2019). Per il 2020, oltre la metà (59 %) della spesa controllata è stata ritenuta ad alto rischio, un ulteriore aumento rispetto al 2019 (53 %) e agli esercizi precedenti.
Le norme e i criteri di ammissibilità che disciplinano questo tipo di spese sono spesso complessi, aumentando la probabilità di errori.
La spesa ad alto rischio continua ad essere inficiata da errori rilevanti, per una percentuale stimata del 4,0 % (2019: 4,9 %). Come per l’esercizio precedente, la Corte ha dunque concluso che il livello di errore in questo importante tipo di spesa è pervasivo ed ha espresso un giudizio negativo sulle spese dell’UE per il 2020.

Nel 2020 la Corte ha notificato sei casi di frode presunta individuati nel corso delle attività di audit; un dato in diminuzione rispetto al 2019, quando ne aveva notificati nove. L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha avviato indagini per tutti questi casi.
>br> “In vista delle grandi sfide che abbiamo davanti, dobbiamo vigilare ancor di più sulla solidità finanziaria dell’UE”, ha affermato Klaus-Heiner Lehne, il presidente della Corte. “Nei prossimi sette anni, l’UE spenderà molto di più rispetto al periodo di programmazione precedente. I 27 Stati membri dell’UE hanno concordato un programma di ripresa dalla crisi causata dalla COVID-19, che verrà finanziato mediante emissione di debito pubblico. Tale decisione segna una svolta importante per le finanze dell’UE. Ne consegue l’ovvia necessità di effettuare controlli efficaci su come vengono spesi i soldi dell’UE nonché sull’ottenimento dei risultati attesi”.

La risposta dell’UE alla pandemia di COVID-19 avrà un’incidenza molto marcata sulle finanze dell’UE: per il periodo finanziario 2021-2027, lo stanziamento combinato di fondi dallo strumento Next Generation EU (NGEU) e dal quadro finanziario pluriennale (QFP) sarà di 1 824 miliardi di euro, quasi il doppio dell’ammontare dei fondi spesi nel precedente periodo del QFP.
Alla luce di ciò, la Corte evidenzia il rischio di ritardi nell’avvio dell’esecuzione dei fondi a gestione concorrente nel periodo finanziario 2021-2027. Un ritardato avvio ha inciso negativamente anche sull’attuazione dei fondi del periodo finanziario 2014-2020.

La Corte sottolinea che l’assorbimento dei Fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE) da parte degli Stati membri continua ad essere più lento del previsto.
A fine 2020, l’ultimo anno dell’attuale bilancio settennale, solo il 55 % dei finanziamenti UE decisi per il 2014-2020 era stato erogato.
Ciò ha avuto per effetto l’ulteriore aumento degli impegni non ancora liquidati, che a fine 2020 hanno raggiunto i 303,2 miliardi di euro, valore quasi equivalente a due bilanci annuali.

La Corte osserva che vi sono notevoli differenze tra gli Stati membri. Mentre la Finlandia, ad esempio, aveva assorbito il 79 % della propria dotazione totale entro la fine del 2020, i tre Stati membri in cui il tasso di assorbimento è stato il più basso (Italia, Croazia e Spagna) avevano utilizzato solo il 45 % circa degli importi impegnati. Il 1° febbraio 2020 il Regno Unito ha cessato di essere uno Stato membro dell’UE. La Corte osserva che, al 31 dicembre 2020, nei conti UE era iscritto un importo di 47,5 miliardi di euro dovuti dal Regno Unito sulla base degli obblighi reciproci stabiliti nell’accordo di recesso.​

LA RELAZIONE ANNUALE INTEGRALE DELLA CORTE IN ITALIANO

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